La decisione del governo Renzi di indicizzare, d'ora in poi, solo le pensioni inferiori a tremila euro mensili, dette con definizione da Terzo Mondo «pensioni d'oro», è la condanna al progressivo impoverimento della borghesia, le cui pensioni sono, per lo più, superiori ai tremila euro mensili e che, non essendo rivalutate, si ridurranno per la fisiologica inflazione cui saranno soggette nel tempo. È lo stesso progetto di proletarizzazione della borghesia tipico del socialismo, incentrato sull'idea di far pagare a chi ha di più i costi del miglioramento delle condizioni di chi ha di meno, invece di combattere l'indigenza e la povertà con la tassazione generale. La borghesia – il cui sostegno a Renzi è comprensibile, dati il suo masochismo e la sua peculiare incapacità di capire quali siano i propri interessi e di cercare di promuoverli - è già penalizzata da una pressione fiscale oltremodo pesante. Ma, così, viene ulteriormente impoverita dal blocco delle pensioni, voluto a suo tempo dal governo Monti – un altro caso di colpevole illusione da parte del ceto medio - e recepito successivamente dal governo Letta e, ora, da quello di Matteo Renzi. Con la prospettiva del salario di cittadinanza, prende forma l'idea di trasformare gli italiani in dipendenti della carità pubblica, come era nei Paesi di socialismo reale, indebolendone le capacità di provvedere a se stessi e l'inventiva imprenditoriale. Passo dopo passo, l'Italia esce così dal novero dei Paesi dell'Occidente democratico-liberale e capitalista per entrare a far parte di quelli di socialismo reale, già condannati dalle «dure repliche della storia». Non si può neppure dire, a questo punto, che il presidente del Consiglio – che ha fondato tutta la sua fortuna politica sulla promessa del cambiamento rispetto alla Prima e alla Seconda Repubblica e sulla conseguente convinzione, sapendo di non mantenere le promesse fatte, di essere più furbo di tutti – sia un cinico imbroglione, visto che chi lo dovrebbe giudicare è proprio quella parte degli italiani che ne fa le spese e che gli crede e lo sostiene persino dopo aver constatato che, col blocco delle pensioni, ci rimetterà un bel po' di quattrini. Un tasto al quale, oltre tutto, la parte politica cui fa capo Renzi, ritiene che la borghesia sia particolarmente sensibile e interessata! Il minimo che si possa dire, di fronte a questo paradosso, è che la nostra borghesia non si smentisce mai, e ha il governo che si merita. Matteo Renzi, col suo disinvolto e irresponsabile ottimismo e la vocazione a vendere chiacchiere, è, in realtà, l'espressione di un Paese che ha sostituito ancora una volta alla capacità di fare quella di raccontar balle. Il governo è una sorta di parodia di quegli imbroglioni che, all'angolo delle strade, invitano i passanti a giocare al gioco delle tre carte e a scoprire dove è l'asso che essi hanno truffaldinamente fatto sparire. Personalmente, non sono di quelli che rimpiangono gli ultimi tempi della Prima e della Seconda Repubblica; se mai, solo quelli della Prima, i periodi di de Gasperi e Einaudi. Ho sperato che fosse possibile, dopo i disastri dei governi di coalizione, prima con Berlusconi, poi con Renzi, cambiare effettivamente, come promettevano, questo nostro povero e disastrato Paese. Non avendo conferito né all'uno né all'altro alcuna fiducia, non posso neppure dichiararmene deluso. Prendo realisticamente atto che la cultura dominante, frutto dell'applicazione dell'occupazione gramsciana delle casematte della borghesia da parte della cultura di sinistra, è anche la cultura di governo di Renzi.
Da qui nasce il mio sostanziale pessimismo circa il futuro dell'Italia. Non so se e come ce la caveremo, anche se le risorse di cui dispone ancora il Paese, sempre che Renzi e compagnia non le mortifichino, lascerebbero pensare al meglio.piero.ostellino@ilgiornale.it
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