Anche se la legge di Bilancio non è stata ancora inviata alle Camere (e, dunque, la discussione non è ancora ufficialmente partita), alcuni temi sono già ben presenti agli addetti ai lavori. Il primo è rappresentato da eventuali nuove impennate dell'inflazione che possono determinare una contrazione dei consumi e una crescita del Pil minore delle attese. Il secondo riguarda la modifica del reddito di cittadinanza che, come sottolineato da Ance Sicilia, è un disincentivo all'impegno nel lavoro.
Ma andiamo con ordine. Ieri l'Ufficio Studi di Confcommercio ha rilevato che un'eventuale fiammata inflazionistica negli ultimi mesi di quest'anno ridurrebbe fortemente i consumi delle famiglie con il rischio di impattare negativamente anche sugli acquisti di Natale e rallentare la crescita nel 2022. Nell'ipotesi di un aumento medio dei prezzi del 3% si perderebbero circa 2,7 miliardi di euro di consumi che potrebbero arrivare fino a 5,3 miliardi nell'ipotesi - non irrealistica - di un'inflazione al 4 per cento.
In entrambi i casi, ha spiegato Confcommercio, per il 70% le perdite stimate sono dovute a immediate riduzioni di potere d'acquisto del reddito disponibile; per la restante parte al minore potere d'acquisto della ricchezza finanziaria detenuta in forma liquida e, quindi, non protetta dall'inflazione inattesa. Sulla riduzione dei consumi pesa, peraltro, anche l'aumento delle spese obbligate per il rincaro dei prezzi dell'energia che si è già trasferito sulle bollette di luce e gas. Pertanto, a fronte di un incremento dell'inflazione rispetto allo scenario base (2% annuo) al 3% si avrebbe un -1% di consumi nel quarto trimestre 2021, corrispondente a -2,7 miliardi di spese. Se i prezzi al consumo salissero invece al +4% annuo, allora la contrazione dei consumi sarebbe dell'1,9% (-5,3 miliardi). «Inflazione e aumento delle spese obbligate potrebbero ridurre i consumi nei prossimi mesi, con il rischio di rallentare la crescita del Paese», ha commentato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli aggiungendo che «occorre, dunque, utilizzare presto e bene le risorse del Pnrr e iniziare a ridurre finalmente la pressione fiscale su famiglie e imprese, a partire dal costo del lavoro: solo così si possono rilanciare investimenti e consumi».
E proprio mentre si comincia a discutere di revisione del reddito di cittadinanza, un'altra stoccata giunge dall'Ance Sicilia. Gli isolani, afferma il presidente della locale associazione dei costruttori Santo Cutrone, sono «refrattari allo sviluppo, attaccati al reddito di cittadinanza, mentre le imprese che hanno il lavoro sono ridotte con i mezzi di cantiere fermi perché non si trovano conduttori specializzati».
L'assistenzialismo «desertifica la nostra terra», ha aggiunto Cutrone, secondo cui «se la Sicilia non sarà in grado di spendere i soldi del Pnrr, la prima colpa sarà dei territori siciliani (enti locali e di ricerca, imprese e cittadini) che non si attrezzano per partecipare ai bandi più recenti che valgono circa 2,5 miliardi di euro».
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