"Dureremo 5 anni, fatevene una ragione". Giorgia e un avviso con tanti destinatari

La premier evoca la "maggioranza compatta" ma le tensioni degli ultimi giorni pesano. A Palazzo Chigi diffidenza verso alcuni alleati. Oggi Meloni a Bruxelles, i nodi Sgarbi e Mes

"Dureremo 5 anni, fatevene una ragione". Giorgia e un avviso con tanti destinatari
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È una linea sottile quella lungo la quale si muove Giorgia Meloni. Che, magari, avrebbe preferito staccare qualche ora, per cercare di metabolizzare quanto accaduto negli ultimi giorni. E che invece ieri si è ritrova catapultata tra Senato e Camera per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo, con in mezzo una colazione di lavoro al Quirinale con Sergio Mattarella, appuntamento ormai tradizionale alla vigilia delle riunioni dei 27 capi di Stato e di governo dell'Ue. Ed è una premier tirata quella che interviene in mattinata a Palazzo Madama, che legge il suo intervento con meno passione del solito e che calca il tono della voce sul passaggio finale. In poco tempo, conclude la premier, «abbiamo smentito anche i più scettici» e «lo abbiamo fatto grazie a una visione coerente e definita», alla «fiducia degli italiani» che «sentiamo forte alle nostre spalle» e «grazie al sostegno di una maggioranza politica compatta figlia di quella fiducia». Insomma, «fatevene una ragione», il governo «ha finalmente un orizzonte di legislatura». L'immagine che segue è quella di Meloni che si siede e tutti i ministri che le sono intorno in piedi ad applaudirla, con uno slancio inusuale per delle comunicazioni su un Consiglio Ue, ma che racconta alla perfezione la complessità e la delicatezza del momento. C'è - ovviamente - la voglia di solidarizzare con la premier, alle prese con un momento personale difficile ed eccezionale. Come pure il bisogno di allontanare dubbi e sospetti. Quel «fatevene una ragione», infatti, probabilmente non è rivolto solo all'opposizione, come non lo era l'affondo di domenica scorsa durante il video-messaggio alla kermesse di Fratelli d'Italia («la cattiveria i metodi che usano per indebolirci hanno raggiunto vette mai viste prima, continuino pure a rotolarsi nel fango»).

Gli ultimi avvenimenti, infatti, hanno alimentato dubbi e sospetti incrociati. In un clima di tensione che non facilita il lavoro del governo e che traspare anche dai toni degli ultimi interventi di Meloni. Non solo il video-messaggio di domenica, ma pure la replica ieri pomeriggio alla Camera, in cui la premier usa parole e modi duri nei confronti dell'opposizione quasi fosse a un comizio («mi fermo va, mi fermo, mi fermo...», dice rivolta al ministro Raffaele Fitto che è seduto alla sua destra).

Sono giorni in cui la leader di Fdi si sente assediata, che è esattamente la sensazione che rimandano quelli a lei più vicini. E quando hai la percezione dell'accerchiamento, il passo successivo e la diffidenza, che è proprio il clima che si respira in queste ore nella maggioranza. Numericamente solidissima e «politicamente compatta», come sottolinea Meloni nel suo intervento in Senato. Ma sfilacciata da queste giornate difficili, con qualche contraccolpo che si è già fatto sentire (sulla nomina di Giuliano Amato, come sulla giustizia).

Un clima che alla lunga difficilmente può reggere così teso, anche perché si va in contro a mesi di campagna elettorale permanente in vista delle Europee in programma a giugno. E già tra oggi e domani la premier sarà alle prese con due dossier caldissimi: il caso Sgarbi e la ratifica del Mes (di cui a Bruxelles chiederanno certamente conto all'Italia).

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