Per il «ddl Zan» arriva la più insidiosa delle critiche. Il disegno di legge (sull'omofobia) che divide la politica italiana, oggi viene contestato apertamente anche da quella che - in materia di diritti civili - è la voce più insospettabile e prestigiosa che ci sia: la voce radicale.
«Se parli del ddl Zan e di quella roba lì, chi è che non è d'accordo contro l'omofobia? - ha detto nel corso di una lunga intervista a Radio Radicale
Maurizio Turco, ex deputato, da sempre vicino a Marco Pannella e oggi segretario del Partito Radicale - ma se lo vai a leggere il ddl Zan, la cosa è diversa. Cioè, sarà anche cambiato il mondo, ma io continuo a pensare che la repressione sessuale non si supera con la repressione penale».
Bando ai manicheismi dunque. Ora, per certi «ultrà», sarà un po' più difficile dividere il mondo in buoni e cattivi, tacciando di omofobia ogni voce di dissenso. Il mondo radicale, infatti, è quello che ha sdoganato in Italia le battaglie per i diritti civili e anche le iniziative politiche per i diritti degli omosessuali e dei transessuali, e lo ha fatto quando la sinistra «ufficiale» era indifferente o addirittura ostile al tema, considerato «borghese» e poco funzionale ai dichiarati obiettivi ideologici del Pci.
Fu al Partito Radicale di Pannella che si federò il «Fuori!», nei primi anni Settanta, quando la parola «omosessuale» era praticamente vietata. E il «Fuori!», con tanto di punto esclamativo, fu l'associazione che portò alla luce del sole queste lotte, sotto la guida di Angelo Pezzana, poi dirigente e deputato radicale. La visione marxista, all'epoca, non le contemplava affatto al di fuori della «rivoluzione» comunista. E l'Arcigay è arrivata dopo. Niente complessi insomma, dalle parti di via di Torre Argentina.
Il Partito Radicale è il soggetto politico che ha ereditato la dimensione «transnazionale» della feconda storia pannelliana, e ha mantenuto al centro della sua azione la giustizia e le carceri. Turco, inoltre, ha ereditato in qualche modo anche lo spazio storico che Pannella si era ritagliato alla Radio: la conversazione serale della domenica sera. E proprio nell'ultima puntata di quella rubrica, apertasi con il ricordo di «Marco» che il 2 maggio avrebbe compiuto 91 anni, Turco ha parlato a lungo del tema ddl Zan, smontandone l'impostazione tutta incentrata sulla norma penale. «Certo - ha spiegato - sull'insulto ecc ci sono già delle leggi», come dire: sono reati già puniti dalle norme esistenti. «Di questo passo - ha aggiunto - ci sarà una superfetazione di minoranze che giustamente (e perché alcune sì e altre no?) faranno ricorso alla sanzione penale sperando che cancelli quella cultura. Ma quella cultura la cancelli con un'altra cultura». «Io - ha aggiunto il segretario radicale - avrei preferito di gran lunga l'informazione sessuale nelle scuole a un decreto penale. Come se attraverso il castigo ci fosse la crescita culturale. Non è così».
«È vero - l'esempio che ha fatto Turco - adesso l'antisemitismo ha una riprovazione sociale abbastanza diffusa, ma 50 anni fa anche la Chiesa cattolica era antisemita. L'evoluzione è avvenuta non perché hai messo in carcere il Papa, o perché hai fatto il ddl Zan su chi ha la fobia degli ebrei».
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