E Chigi già lavora al Recovery 2023

Giustizia tributaria e nuove scuole per 400mila metri quadri

E Chigi già lavora al Recovery 2023

L'appello di Sergio Mattarella a «non dissipare le opportunità» offerte dal Pnrr arriva proprio mentre Palazzo Chigi spinge per una decisa accelerazione sul fronte del Next generation Eu. Già nelle scorse settimane, infatti, Mario Draghi ha provato a stringere i tempi, arrivando a minacciare di mettere la fiducia sul ddl Concorrenza pur di sciogliere il delicatissimo nodo sui balneari. Che, a dire il vero, non è stato risolto, visto che il governo ha sì trovato un'intesa ma decidendo di non decidere e rinviando la questione ai prossimi mesi. L'azione politica del premier, però, va di pari passo con il lavoro tecnico degli uffici del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli, dove arrivano tutti i dossier legati al Pnrr. E anche qui si starebbe cercando di velocizzare il più possibile, tanto che non solo si sono iniziati a studiare i provvedimenti del secondo semestre 2022, ma si è pure cominciato a ragionare su alcuni degli obiettivi schedulati per il primo semestre 2023. Nei prossimi sei mesi, per esempio, ci si continuerà ad occupare della Concorrenza (con i decreti legislativi) e della riforma della giustizia tributaria (sempre con i decreti legislativi). Ma si aprirà anche uno dei dossier più importanti dell'inizio del prossimo anno: l'aggiudicazione dei bandi per la realizzazione di nuove scuole per un totale di 400mila metri quadri.

Il futuro del Pnrr e delle riforme che sono collegate al Recovery, però, dipenderà anche dalla stabilità della maggioranza che sostiene il governo. E in questo senso a Palazzo Chigi c'è chi inizia a chiedersi se le ripetute sortite di Matteo Salvini non rischino con il passare delle settimane di compromettere la tenuta dell'esecutivo. La questione dei rapporti con il Cremlino, il ventilato viaggio a Mosca e gli incontri con l'ambasciatore russo a Roma a conflitto già in corso, hanno infatti aperto un solco gigantesco tra il leader della Lega e Draghi. Che pubblicamente ha sì usato toni cauti, limitandosi a parlare di «trasparenza». Ma che evidentemente ritiene quanto mai inopportune e azzardate le mosse di Salvini. Ieri lo hanno detto in chiaro anche due sottosegretari alla presidenza del Consiglio. Quello con la delega alla Sicurezza, Franco Gabrielli, e quello con la delega agli Affari europei, Vincenzo Amendola. Il primo ha bocciato con nettezza l'idea di Salvini di volare a Mosca perché «simili iniziative dovrebbero essere prese a livello di leader di governo» e «non di leader di partito». Poi Gabrielli cita Draghi: «Penso che la considerazione più efficace l'abbia resa il premier: tutto è possibile, purché si faccia nella massima trasparenza e nel rispetto dei ruoli che, soprattutto in momenti così complicati, tutti devono avere». Più diplomatico Amendola, che interpellato sulla vicenda si limita a citare Mattarella. «Il governo ha una sua solidità e le espressioni di Draghi vanno al di sopra delle ultime polemiche», dice il sottosegretario.

E a proposito del Quirinale, non è ovviamente

passata inosservata la scelta del Colle di non invitare al concerto del 2 giugno gli ambasciatori di Russia e Bielorussa. Il primo è proprio quel Sergey Razov con cui Salvini ha avuto i tanto discussi incontri in ambasciata.

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