E il leader Pd confessò: "Silvio ha fermato Grillo"

Battuta di Renzi: «Siamo già al partito della Nazione» Il 25% del popolo dem pronto a votare Fi contro M5s

E il leader Pd confessò: "Silvio ha fermato Grillo"

È domenica sera e negli exit poll si profila la vittoria del candidato del centrodestra Nello Musumeci in Sicilia. E, parlando del più e del meno, Matteo Renzi, che si ritrova nel ruolo insolito di spettatore nel duello tra centrodestra e grillini, si lascia andare ad un apprezzamento denso di significato politico. «La si può pensare come si vuole - confida a più di un amico - ma bisogna riconoscere che il Cavaliere ha fermato Grillo. E dal voto disgiunto tra la lista del Pd e Micari, qualche segnale è venuto». Poi, tra il serio e il faceto, il personaggio che ha il vizio della battuta, aggiunge: «Siamo già al partito della Nazione». Quella è una parte del Pd, della sinistra, che vede nel grillismo, nel populismo senza storia del M5s, il male assoluto. Ma c'è un'altra sinistra, quella che si materializza nel conteggio delle schede elettorali del giorno dopo, quella che vota Pd, o un altro partito progressista, ma che nel segreto dell'urna marca il nome di Cancelleri, cioè del pro-console di Grillo in Sicilia (quell'8% di voti che il candidato 5stelle ha avuto in più rispetto al voto di lista). La stessa che, dopo 24 ore, inneggia alla prima pagina del Fatto, sulla quale campeggia la candidatura di Pietro Grasso come leader. Già, esiste anche questa anima della sinistra e un presidente del Senato quantomai attivo in questi giorni e sempre meno super partes lo sa, visto che martedì ha chiamato a sé l'ex sindaco di Milano Pisapia, per giocare insieme la partita del nuovo polo progressista: «Ma con questo Pd - è la condizione che ha posto - non abbiamo nulla a che fare».

Perché Grasso si sta dando tanto da fare? In uno dei corridoi di Palazzo Madama Nicola Latorre, piddino e presidente della Commissione difesa del Senato, offre una chiave di lettura convincente: «Intravvede uno spazio nell'ipotesi, assolutamente remota, che i grillini diventino il primo partito. Quello di Grasso è l'unico nome spendibile come premier. Potrebbe essere il collegamento tra grillini e scissionisti del Pd per Palazzo Chigi e potrebbe mettere in imbarazzo anche il Pd. Del resto Grasso per rientrare nel gioco ha solo questa strada di impostazione dalemiana. Altrimenti resta a piedi». Un'ipotesi che il leader di Si, Nicola Fratoianni, conferma: «Non ci sarà nessuna ricomposizione con il Pd e Grasso è il candidato giusto per una vera sinistra».

Il Pd somiglia tanto alla Dc nella sua fase finale, o come si chiamava allora, il Partito Popolare. Quella del 1992-94. in cui muore lo scudocrociato prima che nasca qualcos'altro. Una Dc sconvolta da scissioni e divisa tra chi dialogava a destra con Berlusconi e chi guardava a sinistra. Ora c'è sempre il Cav, ma l'altro polo di attrazione, ben più pericoloso, è quello di Grillo. Ecco perché Berlusconi si muove con una certa cautela. Sa che il centrodestra ha la vittoria a portata di mano. O per essere più esatti, è l'unico schieramento che può puntare a vincere. «Gli servono ancora 4 punti - spiega un'esperta come Alessandra Ghisleri - cioè 50 collegi». L'altra ipotesi è che non vinca nessuno. Gode, quindi, di una condizione favorevole. Solo che le insidie non mancano e la prima è proprio la possibile alleanza, o, comunque, il dialogo sempre più stretto tra un pezzo di sinistra e i grillini. Motivo per cui il Cav non si stanca di ripetere che il centrodestra per vincere deve avere una guida moderata e rifiuta lo schema basato su una sorta di polarizzazione basata sul duello tra la destra e i grillini. Una logica che lo induce a moderare il linguaggio e a non perdere il contatto con un establishment che non lo ha mai amato e che ora, per una sorta di Nemesi, ha solo lui come riferimento. «Diciamoci la verità - diceva giorni fa Luca di Montezemolo - Berlusconi ha fatto anche molte cose buone». Appunto, il Cav vuole evitare che si rimetta in piedi la santa crociata anti-berlusconiana, specie in un sistema tripolare come l'attuale. Cioè, l'esatto contrario di quello che vogliono i grillini. «Io sono felice - spiega Michela Montevecchi, già capogruppo dei senatori del M5s - perché Berlusconi è il mio avversario storico ed è nello scontro tra noi e lui che mi trovo più a mio agio». Un rischio di cui il Cav è consapevole e che, a sentir lui, pure gli alleati hanno capito. «Meloni e Salvini si sono accorti - confida - che per vincere l'unica strada è quella di un centrodestra a trazione moderata».

Anche al di fuori del recinto del centrodestra, in quella terra di confine che è diventato il Pd, qualcuno pensa che l'analisi del Cav sia azzeccata. «Berlusconi - è il ragionamento di Latorre - è uno scienziato. Nel nostro popolo almeno un 25% per evitare i grillini è pronto ad appoggiare il Cavaliere. Ci sarebbe quasi da dire, faccio una battuta, meno male che Silvio c'è. E fa bene a giocare la partita della coalizione moderata: il nostro elettorato tra un moderato e un grillino, sceglie il primo. In Sicilia Musumeci ha vinto, ma la sua candidatura troppo a destra, ha spinto una parte degli elettori di sinistra a votare per il candidato grillino. Ed è il motivo per cui anche Renzi sbaglia ad inseguire i grillini sul loro terreno. I nostri che dovevano andare con loro, già ci sono andati. Lui deve lavorare più sul recupero degli astenuti e dei moderati. Quello che sta facendo il Cav».

E arriviamo a Renzi. I suoi nemici stanno tentando di metterlo in croce per una sconfitta annunciata. Ma è difficile vincere, quando metà del tuo mondo ti fa la guerra. A sinistra ancora si parla di coalizioni, di alleanze, ma in realtà nessuno ci crede più. Almeno per queste elezioni. «È inutile che mi accusino - si sfoga il segretario del Pd - di voler l'inciucio con Berlusconi. Sono le loro divisioni, che lo stanno facendo vincere. Se ci rimettessimo tutti insieme, saremmo ancora competitivi. Li accuserò di questo davanti agli elettori. Basta guardare a Grasso che predica, con la benedizione di D'Alema, un'alleanza senza il Pd. E a quell'8% di voto di sinistra che ha votato per il candidato grillino in Sicilia». Certo di errori il segretario del Pd ne ha compiuti, a cominciare da una legge elettorale approvata con la fiducia, che ha regalato una campagna elettorale ai 5stelle. Ma, secondo il suo racconto, anche quella scelta è stata una conseguenza delle divisioni nel suo campo. «Oggi se non ci fosse il Rosatellum - spiega - Orlando sotto l'egida di Prodi avrebbe provocato un'altra scissione». Per cui meglio guardare avanti. «Penso che in queste elezioni - spiega ai suoi il segretario - il Pd abbia raggiunto il punto più basso. E in fondo in Sicilia abbiamo gli stessi voti dell'altra volta, mentre i grillini hanno perso diversi punti e Fava - con dietro D'Alema, Bersani e Grasso - ha preso meno voti dell'altra volta . Ora andremo alla riscossa. Io continuerò la mia battaglia sulle banche. La Boschi andrà alla riscossa su Banca Etruria. E non lascerò il campo libero al Cav. Anzi dirò le mie cose anche su di lui. E comincerò a lanciare proposte per tirar fuori questo Paese dalla palude, a cominciare dall'abolizione del canone tv». Tradotto: Renzi farà di tutto per riprendere una posizione centrale, per ribaltare l'immagine di uno scontro politico che si esaurisce nel duello tra centrodestra e grillini. «Per questo mi sono stufato - si è sfogato con gli intimi - dei soliti rituali che contraddistinguono sinistra, delle trattative estenuanti che non portano a nulla. Sono tutti giochi che mi legano le mani e ho una gran voglia di dire basta.

Preferisco prendere quel 25%, quel 20% e giocarmi tutto nella prossima legislatura. Tanto non vince nessuno e da me debbono passare». Discorsi che sono in antitesi con i meccanismi comportamentali della sinistra. Magari, la premessa obbligata per far nascere qualcos'altro.

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