E il nazionale russo si ribella a zar Vladimir

Il no di Smolov. L'Uefa sposta la finale Champions da San Pietroburgo

E il nazionale russo si ribella a zar Vladimir

No, non è soltanto un gioco. Anche lo sport esce dalla sua comfort zone di divertimento e spettacolo e si schiera. Dal calcio alla Formula Uno, tra paura e rabbia, sono tanti i protagonisti che scendono in campo facendo sentire la propria voce.

A partire da chi in Ucraina oggi vive, come il tecnico dello Shakhtar Donetsk Roberto De Zerbi e il suo staff composto da otto italiani, chiusi in un hotel di Kiev e impossibilitati a tornare in Italia dopo la chiusura dell'aeroporto. «Stanotte ci hanno svegliato le esplosioni - ha detto - Dalle finestre abbiamo visto file di auto che si muovevano. L'ambasciata italiana ci aveva sollecitato ad andarcene ma non potevo, ripeto, io uomo di sport, girare le spalle al club, al calcio e andarmene così...». Stessa situazione per l'ex tecnico della Roma Paulo Fonseca. «Mi sono svegliato alle cinque del mattino con cinque esplosioni. Avevo un volo in programma per oggi, ma ora è impossibile andar via. Non ci resta che pregare che non cada una bomba accanto a noi», ha detto il portoghese.

Dalla paura, terribile e concreta, alle prese di posizione. Istituzionali e personali. Il Cio, comitato olimpico internazionale, si appella alla pace e attacca: «Osservate il vostro impegno per questa tregua olimpica». Clima tesissimo in casa Uefa, il governo del calcio europeo. Il prossimo 28 maggio sarebbe in programma a San Pietroburgo la finale di Champions League. Se ieri da Nyon arrivava «la forte condanna dell'invasione militare russa in Ucraina», oggi arriverà la comunicazione ufficiale: evento spostato altrove. Il tutto nonostante Gazprom, colosso energetico russo, sia uno degli sponsor principali. Lo stesso sponsor che i tedeschi dello Shalke 04 hanno deciso immediatamente di rimuove dalle proprie divise. Mentre Svezia, Polonia e Repubblica Ceca hanno fatto sapere che non giocheranno i play off mondiali in Russia a marzo. «Situazione tragica e preoccupante, decideremo a tempo debito», ha detto il Nº1 della Fifa Gianni Infantino.

Durissimo l'attacco del pilota di Formula Uno, ex Ferrari ora alla Aston Martin, Sebastian Vettel: «Non voglio correre in Russia e la F1 non dovrebbe correrci. Tante persone stanno morendo per ragioni stupide. La decisione l'ho già presa, a Sochi a settembre non correrò». «Non è giusto andare a correre lì. Ma deciderà la Formula 1», ha invece detto il campione del mondo in carica Max Verstappen. Si ferma il basket, l'Eurolega ha sospeso tre gare con protagoniste le squadre russe, mentre sono tanti gli appelli alla pace degli ucraini di casa nostra. «Vi prego, vi prego di sostenere il nostro Paese e chiedere al Governo russo di fermare la loro aggressione», ha scritto l'ex milanista ed ex ct ucraino Andriy Schevchenko.

Appelli anche da Ruslan Malinovskyi dell'Atalanta (che ieri ha segnato due gol in Europa League e mostrato una maglia con scritto «no alla guerra in Ucraina»), e Viktor Kovalenko dello Spezia mentre il nazionale russo Smolov si è schierato contro il proprio presidente Putin, postando un inequivocabile «No alla guerra» accompagnato dalla bandiera Ucraina.

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