E la sinistra va in piazza per i figli delle coppie gay

A Torino 300 sindaci mobilitati per la causa Lgbtq ma divisi sull'utero in affitto: "Una mercificazione"

E la sinistra va in piazza per i figli delle coppie gay
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I sindaci di sinistra piantano le tende nel campo Lgbtq+ e invocano una legge sul matrimonio egualitario che aggiri i limiti alle trascrizioni dei figli delle coppie gay, calpestando l'articolo 29 della Costituzione, vari pronunciamenti della Cassazione e l'alt del Viminale all'odiosa pratica dell'utero in affitto, considerato sempre un reato universale perché profana il corpo della donna.

Per il sindaco di Bologna, Matteo Lepore «serve il coraggio della politica». Ma è proprio su questo equivoco giuridico che si basa la propaganda della comunità omo e dei primi cittadini Pd, benedetta da Elly Schlein, M5s e cespugli rossi che ieri hanno manifestato alla kermesse Le Città dei diritti a Torino, la prima città che nell'aprile del 2018 registrò all'Anagrafe il bambino di una coppia omogenitoriale. Casualmente, il figlio dell'assessore comunale torinese Chiara Foglietta e della compagna.

Nei mesi scorsi sono state «congelate» le registrazioni all'Anagrafe di figli di coppie omogenitoriali dopo sentenze sostanzialmente sovrapponibili delle Corti di Appello di Torino, Milano e altre città. «C'è un destino oscuro e oscurantista che il governo di Giorgia Meloni e la maggioranza ci vuole consegnare», dice il sindaco di Torino Stefano Lo Russo ad almeno 300 colleghi, da quello di Milano Giuseppe Sala a quelli di Firenze e Napoli, Dario Nardella e Gaetano Manfredi. Il sindaco di Bari Andrea De Caro suggerisce di «guardare oltre il contenuto di una norma e le sue interpretazioni», in pratica di violare la legge. Ma la Cassazione ha più volte chiarito, l'ultima a fine 2022 con la sentenza 38162, che la automatica trascrivibilità del provvedimento giudiziario straniero sublima «la pratica della gestazione per altri», offende «in modo intollerabile la dignità della donna» e «mina nel profondo le relazioni umane». Anche l'artificio della trascrizione del «padre biologico», come vorrebbe lo stesso Sala, non sta in piedi. Tanto che poi ammette: «Trasgredire la legge non è una buona idea». «Neanche trascinare i bambini in tribunale è sensato o giusto», replica Roberto Gualtieri, neoconvertito alla causa Lbgtq+.

Ma è proprio la legge 76 del 2016 sulle unioni civili firmata Pd che, non disciplinando espressamente l'adozione del figlio da parte del partner, demandò tutto ai giudici. Secondo la Suprema corte infatti per tutelare i diritti dei bambini c'è solo «l'adozione in casi particolari» (articolo 44, comma 1/d della 184/1983), o stepchild adoption, ammissibile ormai anche a favore di single grazie alla solita giurisprudenza creativa «nel preminente interesse del minore» purché «non si interrompano i rapporti con la famiglia di origine». «È tecnicamente ineccepibile, ma non è una risposta», insiste Sala. Ovvio. Nel caso della «gestazione per altri» infatti non c'è alcuna famiglia di origine, bensì la compravendita di un bambino. Come un'adozione «piena», il Tribunale deve verificare l'esistenza di requisiti come «l'idoneità affettiva», con il supporto di forze dell'ordine e servizi sociali. Nella trascrizione automatica, no. Troppo comodo, anche rispetto alle coppie etero che passano anni prima di adottare.

«L'utero in affitto è la mercificazione delle donne, trattate come schiave, e dei bambini, considerati prodotti da acquistare come al supermercato», dice Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia Onlus, che ieri ha organizzato un flashmob a Torino. Davanti ai militanti con le maschere dei sindaci dem carrelli della spesa, soldi e bambolotti col codice a barre.

«Le trascrizioni sono un ricatto politico ai capricci ideologici - dice ancora Coghe - per certificare lo status di genitore». Un privilegio pagato a caro prezzo: cancellare per sempre in questi bambini la sacralità e l'esistenza stessa delle parole «mamma» e «papà».

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