Ecco le chat segrete degli ultrà del reddito: "Mettiamo tutto a fuoco. Passiamo alle botte, devono avere paura"

"Il Giornale" si è infiltrato nei gruppi WhatsApp dei napoletani che protestano contro la cancellazione del Rdc. Minacce e istigazione alla violenza. Una "rivolta" già in programma a Roma per lunedì

Ecco le chat segrete degli ultrà del reddito: "Mettiamo tutto a fuoco. Passiamo alle botte, devono avere paura"
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«Sapete cosa si meritano questi bastardi», «Mi faccio arrestare» e ancora «Mettiamo tutto a fuoco». Queste sono solo alcune delle frasi che compaiono nelle chat segrete dei napoletani che protestano contro l'abolizione del reddito di cittadinanza.

«Fascista schifosa»: così si legge del Premier nelle conversazioni WhatsApp in cui ilGiornale è riuscito ad infiltrarsi. Ma non solo, Meloni viene addirittura invitata ad «andare a rubare» con loro. Rabbia ma soprattutto incitamento alla violenza, all'organizzazione di sommosse: «Devono avere paura loro, non noi». Dopo settimane di cortei nelle piazze e per le strade di Napoli, gli striscioni e i cori sembrano non bastare più ai napoletani che giorno dopo giorno si stanno organizzando per le date future. «Se scendiamo a fare le sfilate cosa si conclude? Chi ha il coraggio scende e facciamo i danni. Siamo troppo cuccioli, dobbiamo essere pitbull», si legge. «Andiamo a far capire a questi quattro scemi di cosa siamo capaci. Facciamo quello che Dio comanda, qualcuno ancora non ci crede che sta avvenendo la guerra. Chi scende sa quello che deve fare».

Al centro delle conversazioni ovviamente Giorgia Meloni, chiamata dai manifestanti «brutta scimmia» e colpevole di «aver rubato tutti i nostri soldi». E ancora, su di lei: «Dobbiamo passare alle botte, altrimenti è inutile, tutti siamo bravi a parlare ma servono i fatti». Ma non solo, si arriva anche alle minacce di morte nei confronti del deputato di Fratelli d'Italia Giovanni Donzelli. «Donzelli farà una brutta fine», «Donzelli è un criminale». Gli animi sembrerebbero scaldarsi solo ora, dopo che l'ultima protesta di qualche giorno fa non ha portato a niente. I vertici regionali della Campania, non solo non hanno ascoltato i protestanti ma non hanno proprio chiuso le finestre del palazzo senza presentarsi, così che molti hanno lasciato il corteo. E, leggendo le conversazioni, sembrerebbe essere proprio questo il motivo di un'organizzazione «più bellicosa» per i prossimi appuntamenti. «Le persone si fanno i problemi - parla in un audio su WhatsApp una donna - vorrebbero fare le cose ma poi hanno paura di essere arrestati, se vengono presi non possono fare ricorso. Ma cosa abbiamo da perdere più? Ci hanno calpestato e continuano a farlo. Resta solo da spaccare la faccia, io mi tolgo lo sfizio e voglio danneggiare questi bene bene». Un inno alla guerra, sembrerebbe, appoggiato da molti partecipanti del gruppo che subito rispondono in modo affermativo. «Combattiamo questo Stato. Se non facciamo i danni non ci prendono in considerazione, scendiamo in piazza senza ragionare. Ma quali striscioni? Non servono a niente. Facciamo quello che dobbiamo fare, come si faceva tanti anni fa». «Noi ci mettiamo senza casco contro la polizia - risponde un altro uomo - pure a mani vuote facciamo correre la polizia». E sulle prossime date c'è chi incita: «Non vi preoccupare, stiamo facendo una grandissima cosa. Siamo forti».

Date che ilGiornale è riuscito ad intercettare. I manifestanti stanno organizzando infatti una rivolta a Roma il prossimo 11 settembre di cui parlano così: «Quando andiamo a Roma, sicuramente ci saranno delle rivoluzioni, statene certi». Stessa cosa per il 20 settembre, appuntamento a Piazza Dante a Napoli, per poi una seconda data a Roma il prossimo 30 settembre. «Facciamo la guerra - scrivono ancora i napoletani - quello che succede, succede. Siamo combattenti e vogliamo rispetto». E ancora: «Siamo un gruppo di forza e dobbiamo mettere a fuoco tutto». Ma sembrerebbe esserci di più, una sorta di gerarchia all'interno dei manifestanti «guidati» da alcuni capi che però nei gruppi non vengono specificati. «A questo punto blocchiamo quello che dobbiamo bloccare e tre o quattro di voi andate dove dovete andare», scrive infatti un ragazzo. In risposta si legge: «Per organizzare una sommossa ci vuole organizzazione. I capi ci stanno tra di noi ma le persone dove stanno?». Il punto cruciale sarebbe infatti il continuo richiamo a coloro che non sono pronti a «fare delle cose forti». «Se fosse per me e il nostro capo basterebbero 10 di noi per fare la guerra».

L'invito infatti è molto chiaro: «Servono uomini, 2-3mila persone». Ma non si fermano qui i «combattenti» che per raggiungere il loro scopo sembrerebbero arrivare a tutto: «Portiamo i bambini. Con donne e bambini in piazza significa disperazione».

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