Domanda numero uno: a chi andrà il premio di maggioranza, al partito vincente o alla coalizione? Domanda numero due: quanto sarà alta la quota per entrare in Parlamento: 3, 4 o 5%? Non sono dettagli, anzi sono cardini, pietre angolari della nuova elettorale, il «Neo-Italicum», sulle quali l'accordo c'è soltanto parzialmente. Ma la «differenza di opinioni» di oggi non sembra preoccupare più di tanto Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, convinti di trovare presto la quadra e trasformare l'intesa parziale in un accordo totale.
«Le differenze registrate - si legge nel comunicato congiunto - sulla soglia minima di ingresso e sull'attribuzione del premio coalizione non impediscono di considerare positivo il lavoro fin qui svolto». Insomma, l'intesa su quei numeri si raggiungerà in fretta. Molto in fretta, visto l'impegno di Pd e Forza Italia, messo nero su bianco, di concludere i lavori dell'Italicum in aula al Senato entro il mese di dicembre e quelli della riforma costituzionale entro il mese di gennaio 2015». Il «cemento» dell'accordo, e qui si entra nel tecnico, è «la comune volontà di alzare al 40% la soglia dell'Italicum» (era al 37% nella versione approvata dalla Camera). Sarà dunque più difficile mettere le mani sul «premio» previsto per chi ottiene al primo turno una affermazione dalle ampie dimensioni. Se nessuno supera questo sbarramento, i primi due partiti (o coalizioni) si sfidano al doppio turno per l'assegnazione del premio.
Il vincitore ottiene 340 seggi (qualcosa di più rispetto alla prima versione), i restanti seggi vanno agli altri partiti (restano fuori dal conteggio i deputati eletti all'estero). L'altro punto su cui c'è accordo è l'introduzione delle preferenze dopo il capolista bloccato nei 100 collegi (non più 120 collegi come nel primo testo parlamentare, coincidenti più o meno con le province). C'è quindi un ingrandimento dei distretti elettorali e una parziale diminuzione del potere delle segreterie di partito che avranno meno poltrone blindate su cui piazzare i fedelissimi. Aumenta anche il paracadute delle «pluricandidature», ovvero la possibilità di presentarsi in più collegi che passa da 8 a 10.
Il braccio di ferro più duro tra Renzi e Berlusconi è, invece, quello sulle soglie di sbarramento che di fatto decidono la vita e la morte dei piccoli partiti, favoriscono lo snellimento del sistema politico italiano e combattono la proliferazione delle sigle. Un confronto che si sposterà ora a Palazzo Madama, dove la commissione Affari costituzionali inizierà l'esame della riforma della legge elettorale martedì 18 novembre, dopo 8 mesi dalla sua approvazione alla Camera. In sostanza settimana prossima si terrà la relazione di Anna Finocchiaro, presidente della Commissione Affari Costituzionali, sul testo e successivamente (mercoledì e giovedì) la commissione avvierà un breve ciclo di audizioni. Concluso l'iter al Senato bisognerà ripassare dalla Camera per approvare un testo sottoposto a diverse modifiche rispetto alla sua prima versione. L'accelerazione - se davvero fosse portata a termine nei tempi auspicati - rappresenterebbe anche un modo per onorare l'impegno preso dai partiti con il capo dello Stato al momento della sua elezione.
Sullo sfondo c'è la reazione di chi dall'esterno ha osservato con interesse e apprensione l'esito dell'incontro, ovvero Angelino Alfano. Un commento soddisfatto e lapidario: «Bene, molto bene, direi ottimo incontro Renzi-Berlusconi. #avantitutta».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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