Ecco il partito dei cattolici: non esiste ma vale il 49%

Quasi un elettore su due si autodefinisce praticante, dentro Forza Italia è il 55%

Ecco il partito dei cattolici: non esiste ma vale il 49%

In un editoriale su Il Giornale di qualche giorno fa Ettore Gotti Tedeschi sembrava, tra le righe, mettere in dubbio il ruolo effettivo dei cattolici nella vita pubblica del nostro Paese. Ma in realtà essi hanno tuttora un peso rilevante. Molti dati lo mostrano, a partire da quello sulla loro numerosità. Infatti, malgrado il diffondersi del processo di secolarizzazione, ancora oggi ben metà (49%) della popolazione del nostro Paese non esita ad autodefinirsi «cattolico praticante».

È probabile che negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso fossero ancora di più: ma la diffusione della identità cattolica resta un fenomeno molto significativo. La presenza di chi si denomina «cattolico praticante» (come emerge da un sondaggio condotto nei giorni scorsi da Eumetra Monterosa su di un campione rappresentativo della popolazione italiana con più di 18 anni) è ovviamente maggiore tra i più anziani (59%) e tra chi possiede un titolo di studio meno elevato, ma resta importante anche tra i giovani sotto i 24 anni (49%) e tra i laureati (41%).

Non tutti costoro sono «cattolici praticanti» in senso stretto. È infatti minore (33%) la quota di chi dichiara di recarsi effettivamente a messa almeno una volta alla settimana. La percentuale di chi lo fa è stabile da diversi anni ed è anch'essa più elevata tra gli anziani oltre i 65 anni (44%, in particolare tra i pensionati) e tra i residenti nel meridione (36%).

Questo terzo della popolazione che partecipa alla messa almeno una volta alla settimana, costituisce quello che possiamo definire lo «zoccolo duro» dei cattolici. Ma non va trascurato quel 16% che interpreta la pratica religiosa in modo più light, recandosi alle funzioni religiose meno frequentemente, pur continuando ad autodefinirsi «cattolico praticante». Infatti, è proprio la percezione che si ha di se stessi in molti casi più ancora dei comportamenti effettivamente messi in atto a costituire spesso il fattore più rilevante nel determinare le proprie scelte e i propri orientamenti.

Sul piano delle preferenze elettorali, tuttavia, la distribuzione dei cattolici sia di quelli che costituiscono lo «zoccolo duro» sia di quelli più light è assai meno caratterizzata in modo univoco di quanto si registrasse qualche decennio fa. Dopo essere stati molto presenti nella Democrazia cristiana e dopo il dissolvimento di questa forza politica, essi sono oggi di fatto distribuiti in tutti i partiti. Dal punto di vista dell'autocollocazione sul continuum sinistra-destra, si registra una lieve accentuazione nel centro e nel centrosinistra per gli appartenenti allo «zoccolo duro» e una altrettanto lieve predilezione per il centrodestra per i light ma nessuno schieramento o partito può attribuirsi una partecipazione significativamente diversa dalla media rilevata tra la popolazione nel suo complesso. Secondo i dati della indagine di Eumetra Monterosa, infatti, si definisce «cattolico praticante» il 48% degli elettori del Partito democratico, il 55% di quelli per Forza Italia, il 52% dei votanti per la Lega Nord e, anche, il 43% di quelli per il Movimento Cinque Stelle. Nonché il 51% di chi è ancora indeciso sulla scelta di voto o tentato dall'astensione.

Come molti osservatori hanno sottolineato, non esiste dunque oggi un «partito dei cattolici». Se è vero infatti che Forza Italia e la Lega (e ancor più l'Ncd) fanno registrare una percentuale in qualche misura più accentuata del complesso di chi si denomina cattolico, è vero anche che la differenza con le altre forze politiche è relativamente esigua. E che lo «zoccolo duro», costituito da chi si reca a messa almeno una volta alla settimana, ha dimensioni maggiori nel Pd rispetto agli altri partiti.

La presenza dei «cattolici praticanti» è quindi alta dappertutto. E se, dunque, la loro autopercezione non sembra contare nel momento della scelta di voto, essa acquista un peso determinante se, al di là della preferenza di partito, si passa alla valutazione di temi concreti e in qualche modo connessi alla loro identità. Lo si è visto di recente nel dibattito sul ddl Cirinnà. Si sa che grossomodo metà della popolazione italiana è favorevole all'introduzione della regolamentazione delle unioni civili nel nostro Paese, ma che la maggioranza è invece sostanzialmente contraria alla stepchild adoption, vale a dire la possibilità per la coppia omosessuale di adottare il figlio naturale avuto da uno dei partner. Ebbene, l'ostilità è notevolmente più accentuata tra chi si definisce cattolico, spesso indipendentemente dal partito di riferimento. In altre parole, l'avversità alla stepchild adoption si registra in misura maggiore tra i cattolici presenti (in misura numerosa) in tutte le forze politiche. Inevitabilmente, il comportamento e le scelte dei senatori sono fortemente influenzati, oltre che dalle valutazioni personali, da questa composizione del loro stesso elettorato.

In altre parole, l'esistenza e il conseguente forte peso elettorale - di così tanti cattolici in tutti i partiti spiega buona parte delle fratture (anche all'interno delle singole forze politiche) e dei numerosi voltafaccia che si sono manifestati in Senato nelle ultime settimane. Ciò che mostra come il «peso» dei cattolici nella vita politica italiana sia anche oggi molto rilevante. Anche perché tanti di loro sono in questo momento ancora indecisi su chi votare alle prossime elezioni.

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