Ecco perché l'Ue scaricherà i migranti afghani sui singoli governi

L'Europa avrebbe uno strumento per controllare il possibile arrivo di flussi migratori dall'Afghanistan: si tratta della direttiva sulla protezione temporanea. Ma difficilmente il documento verrà applicato

Ecco perché l'Ue scaricherà i migranti afghani sui singoli governi

Sui numeri c'è molta discrepanza al momento. L'Unione Europea ha parlato di potenziali 2 milioni di migranti pronti ad entrare dall'Afghanistan, ma la Turchia, che sta costruendo un muro lungo i propri confini orientali, ha fatto sapere che non più di 300mila profughi sono entrati nel proprio territorio dalla rotta afghana.

Ad ogni modo l'Ue teme una nuova ondata migratoria dopo l'ingresso dei Talebani a Kabul e si cerca di correre ai ripari. Il ricordo delle crisi politiche innescate dai flussi di profughi arrivati dalla Siria tra il 2015 e il 2016 è ancora molto limpido, specialmente in una Germania dove a settembre si vota per il dopo Merkel.

Nelle prime ore successive all'arrivo degli islamisti nella capitale afghana, si è subito parlato della possibilità di alternare i ponti aerei e i corridoi umanitari agli aiuti da offrire ai Paesi confinanti. L'idea era quella di far accogliere parte dei migranti nelle zone limitrofe all'Afghanistan per evitare l'afflusso massiccio nel Vecchio Continente.

Ma la strada in tal senso appare tutt'altro che agevole. Ecco quindi che le diplomazie europee stanno tirando fuori dai cassetti un documento di 20 anni fa, siglato poco dopo la guerra nel Kosovo. Quel conflitto nel 1999 ha generato un flusso migratorio imponente verso il territorio comunitario. Per questo nel 2001 è stata varata la direttiva sulla cosiddetta “protezione temporanea”.

Si tratta di uno strumento con il quale, una volta riconosciuta l'esistenza di una massiccia ondata di profughi proveniente da un Paese in guerra, allora è possibile far scattare dei meccanismi di ricollocamento tra i governi dell'Ue. Non solo, ma per chi arriva in Europa è previsto un permesso di sei mesi prorogabile fino a un massimo di tre anni. L'attuale crisi afghana potrebbe rientrare nelle fattispecie previste dalla direttiva.

Non mancano però potenziali problemi, specialmente di natura politica. Anche se il documento è stato ideato per le fasi di emergenza, i tempi per la sua approvazione non sono così veloci. Infatti il riconoscimento dell'esistenza di un'emergenza e di un'ondata massiccia eccezionale di profughi deve essere è demandata alla maggioranza qualificata dal consiglio europeo.

È ben noto come molti Paesi dell'Ue si oppongano a qualsiasi forma di ricollocamento. Di conseguenza, sperare che Bruxelles vari questo protocollo in tempi brevi appare mera utopia. Non è un caso che il documento approvato nel 2001 in venti anni non è mai entrato in funzione. Nemmeno quando nel 2011 lo scoppio delle primavere arabe ha messo in ginocchio il sistema di accoglienza italiano e nemmeno nel 2015, data della crisi migratoria siriana.

L'Europa sa di dover a breve affrontare una guerra sul fronte dei profughi, ma sta andando al fronte disarmata.

Verranno usati solo i mezzi ordinari, quelli cioè previsti dal trattato di Dublino e che assegnano al Paese di primo approdo l'onere dell'accoglienza. Un altro esempio di come da Bruxelles, in fin dei conti, l'unica scelta obbligata appare quella di scaricare i problemi ai governi nazionali. In barba ad ogni principio di solidarietà.

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