Missione quasi impossibile sull'emergenza migranti del presidente del Consiglio, Mario Draghi, al Consiglio europeo di oggi e domani. Il bicchiere mezzo pieno è che la Ue si assumerà l'impegno di intervenire in Libia, Tunisia e altri paesi di provenienza dei migranti, ma i piani concreti rischiano di partire in autunno, troppo tardi. E i 27 faranno orecchie da mercante sulla ridistribuzione degli sbarchi estivi in Italia. Il premier ha anticipato ieri in Parlamento le linee guida per il Consiglio europeo. Il governo è convinto che la gestione dell'immigrazione «non può essere soltanto italiana. Deve essere davvero europea». Un punto fermo che si svilupperà attraverso la replica del «modello Turchia» ovvero soldi ed interventi in cambio di uno stop ai migranti. «Intendiamo intensificare in tempi rapidi partenariati e forme di collaborazione con i paesi di origine e di transito, in particolare con i paesi africani» ha sottolineato Draghi. Le prime nazioni interessate dal piano sono Tunisia e Libia da dove parte il grosso dei migranti diretti in Italia. Si ipotizza un investimento di 8 miliardi di euro, che potrebbe riguardare anche interventi nelle nazioni di partenza. Il tema immigrazione è stato inserito in agenda su richiesta italiana per la prima volta dal 2018. Al momento il servizio esterno della Ue, in un rapporto del 16 giugno sulla stabilizzazione della Libia, ha evidenziato i primi interventi possibili: aumentare «il supporto finanziario e tecnico per la gestione delle frontiere», sviluppare ulteriormente «la capacità della Guardia costiera e Marina» e «un ulteriore sostegno al sud e al confine tunisino». La missione navale Irini guidata dall'Italia dovrebbe «riprendere l'addestramento della guardia costiera libica» in contemporanea alla consegna di nuove motovedette (una decina) da parte dell'Italia. Per ora, nella bozza di risoluzione finale del Consiglio Ue, si parla di «presentazione dei piani d'azione concreti» non subito, ma «all'autunno 2021».
Draghi è convinto di strappare «un impegno comune che serva a contenere i flussi di immigrazione illegali e ad organizzare l'immigrazione legale». Però la Ue non vuole sentire parlare di ridistribuzione automatica di chi sbarca in Italia. «Al momento () una solidarietà obbligatoria verso i Paesi di primo arrivo attraverso la presa in carico dei salvati in mare rimane divisiva per i 27 Stati membri» ha ammesso Draghi in Parlamento. L'aspetto positivo è che fra «i paesi dell'Unione esiste un'ampia convergenza sull'esigenza di superare il Regolamento di Dublino» ovvero la condanna di tenerci e vederci rispedire i migranti approdati da noi. Draghi insisterà anche sui rimpatri chiedendo una maggiore collaborazione con l'Onu. «Vogliamo che il Consiglio promuova un'azione più incisiva anche attraverso lo strumento dei rimpatri volontari assistiti» ha annunciato il premier.
I 27 suggelleranno il rinnovo dell'accordo sui migranti con la Turchia. Il sottosegretario all'Interno, Nicola Molteni, spiega al Giornale che «bisogna fare in Libia quello che è stato fatto con la Turchia. Ci vuole un piano economico di stabilizzazione, che preveda anche il potenziamento della Guardia costiera. Secondo noi pure con pattugliamenti congiunti. Oltre ad un controllo della frontiera meridionale».
A livello di intenti si riuscirà a spostare l'asse dell'Europa sugli interventi in Nord Africa e nei paesi di provenienza dei migranti, ma ci vorrà tempo per soluzioni concrete. Solo l'accordo con la Tunisia potrebbe venire firmato, se siamo fortunati, a fine anno.
Nella replica in aula Draghi ha lanciato un monito sui migranti legali: «Se non li integriamo - ha detto il premier - produciamo,
potenzialmente, dei nemici». E l'allarme sul ritiro dall'Afghanistan. «Creerà un aumento (di arrivi ndr) di cui ancora non conosciamo l'entità - ha rivelato - ma sappiamo tutti () che sarà grande la migrazione dal quel paese».
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