Ecco il vero disegno delle toghe moderate che fanno patti a sinistra. Prime ammissioni in chat

Bocche semicucite con Il Giornale dopo le accuse di inciucio tra Magistratura indipendente e la corrente di centrosinistra Area su qualche nomina di peso, mentre le chat dei magistrati ribollono

Ecco il vero disegno delle toghe moderate che fanno patti a sinistra. Prime ammissioni in chat

Bocche semicucite con Il Giornale dopo le accuse di inciucio tra Magistratura indipendente e la corrente di centrosinistra Area su qualche nomina di peso, mentre le chat dei magistrati ribollono. La strategia di Mi appare chiara: governare le riforme e ridare credibilità alle toghe, resistendo agli slogan di una perenne campagna elettorale. Per farlo deve sganciarsi dalla logica del voto «scontato» coi laici di centrodestra e svicolare dalle accuse di collateralismo con il governo, rivolte alla corrente delle toghe moderate in più circostanze, non ultima la (presunta) mancata difesa del magistrato catanese Iolanda Apostolico, che con la sentenza «svuota Cpr» ha demolito il decreto Cutro e vanificato la battaglia del centrodestra sull'immigrazione clandestina. «Il giudice non può e non deve essere un automa senz'anima, ma cosa ben diversa è cercare la sottile linea rossa che divide l'attività interpretativa da quella legislativa. L'attività politica è libera nel fine, quella del giudice non lo è», aveva scritto su una chat qualche giorno fa un ascoltatissimo giudice vicino a Mi.

«Quel che è pacifico - dice al Giornale un consigliere che preferisce l'anonimato - è che da tre settimane a questa parte l'area (sorride) sembra cambiata. Bisognerà vedere nelle prossime settimane se l'accordo è vero o è un escamotage per mandare un messaggio ai laici di centrodestra. O se c'è dell'altro». L'esempio più visibile dell'inciucio è la nomina di Gabriele Mazzotta, procuratore aggiunto della procura di Firenze sostenuto da Area e votato anche da Mi come avvocato generale di Cassazione, che ha messo in imbarazzo il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli (tondo alto) finito in minoranza. Considerato un outsider alla vigilia, schiacciato tra Giuseppina Casella di Unicost e l'ex Csm Giulio Romano, vicino a Mi, alla fine ha prevalso con una convergenza Mi-Area. «A Mi fa male stare col centrodestra, sulla casella c'erano molte pressioni dai vertici e dai membri di diritto del Csm», ci spiega invece un ex magistrato a riposo che conosce i meccanismi interni a Palazzo Bachelet.

«Bisogna decidersi: o le candidature all'unanimità sono un inciucio, una spartizione o l'unanimità rappresenta invece la vittoria di un metodo, quello della meritocrazia», ci dice un autorevole esponente di Mi, che nega accordi e che rivendica come sigillo di credibilità il fatto che a molte delle nomine oggetto di una presunta trattativa abbia partecipato l'indipendente Andrea Mirenda. C'è chi da la colpa alla circolare interpretativa «che fa acqua da tutte le parti, lasciando margini di manovra sui parametri che agevolano le derive correntizie» e che invece «andrebbe interamente riscritta per limitare gli arbitrii e il potere dei consiglieri, costringendo tutti i gruppi a fare un passo indietro», ci dice un membro laico off the record.

Intanto l'esecutivo si prepara alla maxi riforma. I capisaldi sono emersi l'altra sera dopo il blitz di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi con lo stato maggiore del centrodestra: due Csm, Alta corte per giudicare pm e magistrati, niente obbligatorietà dell'azione penale. Misure che, assieme a test psicoattitudinali, stretta sulle intercettazioni e revisione di abuso d'ufficio e traffico d'influenze rischiano di accelerare la saldatura tra le correnti. Per Mi queste misure sono sbagliate, anzi dannose. «Di fatto già oggi solo l'1% fa il cambio da inquirente a giudicante». Così facendo, vuole sottrarre alle toghe rosse e all'Anm il primato della difesa della categoria.

Di riforme sbagliate parla invece Roberto Fontana (tondo basso) ex pm milanese considerato anch'egli un battitore libero dentro al Csm, che non ha paura di dirci la sua. D'altronde l'etichetta di «indipendente» è figlia di una sua rottura reale con Area, di cui però non vuole parlare. «Il test non è certo uno strumento capace di stanare malattie psichiatriche». Quanto ai due Csm «il mio modello è esattamente l'opposto: bisognerebbe fare il giudice prima di fare il magistrato perché così garantisce un aggancio più forte del pm alla cultura della giurisdizione», lamenta Fontana.

Secondo molti l'era dei giudici scendiletto dei pm o dei gip che fanno copia-incolla e avallano qualsiasi ipotesi investigativa della Procura è finita. Lo si è visto a Milano nell'indagine di Alessandra Cerreti sull'inedita alleanza mafia-camorra-'ndrangheta per fare affari senza sparare e senza intimidire gli imprenditori, demolita da un gip milanese senza troppi proclami. La posizione di Fontana è molto simile a quella di Mi, secondo cui la separazione delle carriere sembra più una misura «punitiva» contro i giudici. E c'è chi punta il dito contro le pressioni sull'esecutivo della lobby degli avvocati, che proprio ieri ha rivendicato la raccolta di firme del 2017 dell'Unione delle Camere penali italiane «per la presentazione di una legge costituzionale di iniziativa popolare», una riforma che per gli avvocati è «necessaria per realizzare nel processo la figura di quel giudice terzo voluto dall'articolo 111 della Costituzione, separato dall'accusa e dalla difesa, garante dei diritti dei cittadini», proprio come si immaginava Giovanni Falcone all'indomani della riforma del 1989 che ha istituito la figura del pm, dominus incontrastato dell'azione penale. La sintesi migliore la offre un alto magistrato, lontano da beghe correntizie o da sospetti di collateralismo al centrodestra che però preferisce non esporsi: «Al Csm non ci può essere un asso pigliatutto, tipo governo e opposizione in Parlamento. Questi di Mi si stanno muovendo bene, fanno bene a emarginare Unicost che fa concorrenza al centro e poi si butta a sinistra...

L'alleanza Area-Unicost sarebbe davvero pericolosa per la magistratura, creerebbe uno zoccolo antagonista che ci farebbe tornare al 2001, quando il 65% dei magistrati si consegnò a Md e Verdi e le toghe moderate vennero massacrate».

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