Eitan in Italia: un paese intero fa festa

Arrivato ieri sera da Tel Aviv con la zia paterna. I nonni materni: "Partita aperta"

Eitan in Italia: un paese intero fa festa

Eitan è tornato in Italia. Finalmente. Il volo decollato ieri pomeriggio da Tel Aviv è atterrato in serata all'aeroporto di Orio al Serio (Bergamo).

Col bimbo c'era la zia paterna Aya e tre accompagnatori. Il gruppo ha poi proseguito in auto alla volta di Travacò Siccomario (Pavia), il paese dell'«eterno ritorno» dove per questo sfortunato bambino di 6 anni l'esistenza sembra continuamente cominciare e ricominciare. Senza dargli tregua. Impietosamente.

Qui la sua vita era ripresa una prima volta dopo la strage del Mottarone del 23 maggio 2021 quando aveva perso padre, madre, fratellino e bisnonni; qui era stato rapito l'11 settembre da un nonno sciagurato e portato a Tel Aviv dove è rimasto per 83 giorni; qui ieri è ritornato - speriamo - per sempre.

In mezzo, fra questa tragedia in più atti, una disputa giudiziaria avvilente. Che poteva - e doveva - essere risparmiata a un bambino già così tanto provato dal destino. Nei giorni scorsi sono state confermate le due decisioni di primo e secondo grado con cui i giudici israeliani avevano riconosciuto «la sottrazione internazionale del minore» da parte del nonno materno, disponendo «l'immediato rimpatrio del bambino in Italia». Una decisione scontata in accoglimento dell'istanza della zia paterna, Aya Biran, tutrice legale del piccolo. Mentre ora sul nonno materno, Shmuel Peleg, pende ora un mandato d'arresto internazionale con le accuse di «sequestro di persona, sottrazione e trattenimento di minore all'estero e appropriazione indebita del passaporto del bambino». Nell'inchiesta, condotta dalla Squadra mobile pavese, era stato già arrestato con mandato europeo Gabriel Alon Abutbul (il complice di nonno di Eitan), bloccato a Cipro dove risiede, e scarcerato nei giorni scorsi con obbligo di firma in attesa della conclusione del procedimento di estradizione. Infine, guai giudiziari anche per la nonna materna, Esther Cohen (ex moglie di Shmuel Peleg), indagata anche lei dalla procura di Pavia come complice nel rapimento del nipote. Intanto la zia paterna, Aya Biran, già tutrice del bambino, ha presentato ai giudici milanesi richiesta di adozione, cui ovviamente si oppongono i nonni materni.

Cosa aggiungere ancora sul dramma di Eitan? Ormai si è detto e scritto tutto. Forse troppo. Ma la colpa è solo di alcuni suoi parenti stretti, quelli che in gergo deamicisiano si definirebbero «affetti più cari»: un'espressione che però nella vicenda-Eitan rischia di suonare decisamente stonata. Un nonno che rapisce il nipotino con modalità da blitz militare è storia da sentimenti calpestati nel più assurdo dei modi. Eppure Eitan ha dovuto subire perfino questo, lui «piccolo», tradito dalle infamità del mondo dei «grandi»: adulti che avrebbero dovuto tutelarlo dal tanto male già patito e che invece gli hanno riservato un'ulteriore dose di strazio. E non è ancora finita, se è vero com'è vero che i nonni materni (quelli del rapimento), nonostante abbiano perso in tutte le sedi legali, ancora non si arrendono: «La partita non è ancora finita». La «partita», la chiamano proprio così. Come se si trattasse di una competizione sportiva, dov'è prevista anche rivincita e bella.

Chissà se lunedì Eitan andrà regolarmente alla scuola elementare dov'era stato iscritto prima di essere trascinato via in Israele.

Intanto da ieri il suo paese festeggia. Peccato non ci sia nulla da festeggiare.

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