Sarà una discendente degli indios mapuche a presiedere i lavori che iniziano oggi per riscrivere la costituzione del Cile. Domenica sera, infatti, i 155 membri dell'assemblea costituente hanno eletto Elisa Loncón, nata in povertà a Traiguén, un bastione mapuche nella regione dell'Araucanía, nel sud cileno. «Voglio ringraziare tutto il popolo del Cile per aver votato per una persona e una donna mapuche per cambiare la storia di questo Paese», ha commemorato questa linguista 58enne subito dopo la sua elezione davanti ad uno stuolo di giornalisti. Avvolta nella bandiera Mapuche, è stato significativo il suo saluto a pugno chiuso e, soprattutto, che abbia deciso di rivolgersi al Paese prima in lingua Mapudungún e, solo dopo, in spagnolo. Una nomina piena di simbolismo quella di quest'insegnante di inglese giramondo formatasi in Canada, nei Paesi Bassi e alla Pontificia Università del Cile, ma che è soprattutto un'attivista mapuche, il gruppo indigeno maggioritario nel paese. In primis perché, storicamente, questa etnia è sempre stata in conflitto con il centralismo di Santiago e, sovente, oppressa. Poi perché la maggioranza assoluta dei membri di sinistra della costituente, eletti lo scorso maggio, lascia presagire che la stesura della nuova Magna Carta sarà davvero «rivoluzionaria», almeno per un paese moderato e aperto al capitalismo e al libero commercio come il Cile. La nuova Magna Carta sostituirà quella attuale ereditata dalla dittatura di Pinochet (1973-1990), vista dai settori che hanno i due terzi della maggioranza nella Costituente come «troppo neoliberista» e criticata dalla sinistra «per aver consentito la privatizzazione di servizi di base come l'acqua, l'istruzione e le pensioni».
Tre i temi principali in discussione nella riforma costituzionale. Il primo su quale debba essere il futuro ruolo e la forma dello Stato cileno. Per l'attuale Costituzione il ruolo è minimo e la forma centralizzata ed unitaria, mentre per la sinistra che ha espresso la Loncón la nuova Magna Carta dovrebbe allargarsi in ogni settore dell'economia, erogare più sussidi mentre la forma dev'essere plurinazionale, sul modello della costituzione boliviana di Evo Morales. Poi la forma di governo, oggi presidenziale ma che vede tra le tante proposte anche una di apertura al parlamentarismo. Terzo tema cardine delle discussioni al margine della nuova Magna Carta è invece proprio l'inserimento in Costituzione delle popolazioni indigene, un gruppo etnico che rappresenta il 12,8% della popolazione ma che sinora non è mai stato riconosciuto da Santiago.
«Stiamo instaurando un modo di essere plurali, democratici, partecipativi, per difendere i diritti delle nostre nazioni originarie, per i diritti della madre terra, dei bambini e delle donne che hanno marciato contro un sistema di dominio», ha affermato la neopresidente che occupa uno dei 17 seggi riservati agli indigeni nella costituente, 7 dei quali ai mapuche, 2 agli aymara e uno ciascuno alle altre 8 etnie indigene presenti in Cile.
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