Elkann, il dilemma del passo indietro

Con l'addio alla presidenza di Gedi, in bilico il ruolo aI vertice di Exor, Stellantis e Ferrari

Elkann, il dilemma del passo indietro
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Il passo indietro di John Elkann dalla presidenza del gruppo Gedi ha innescato una ridda di voci sulle motivazioni alla base di questa decisione. Certamente il ribaltone ai vertici del principale quotidiano del gruppo, Repubblica, nasce dalla volontà di dare una sterzata per tamponare le perdite copiose e risolvere le tensioni con la redazione degli ultimi mesi. Ma potrebbe non essere stato l'unico perché di questa vicenda. Tanto che, in ambienti finanziari, in diversi ritengono che una mossa analoga potrebbe essere fatta anche per Stellantis, Ferrari, società di cui Elkann è presidente, oltre ad Exor di cui è ad. Una scelta che il nipote di Gianni Agnelli non è obbligato a fare, ma che starebbe considerando più che altro per motivi di opportunità. Gli sviluppi della vicenda processuale sull'eredità con la madre Margherita Agnelli, dalla quale discende l'inchiesta della Procura di Torino che vede anche l'amministratore delegato di Exor tra gli indagati, non sta facendo dormire sonni tranquilli al capofila della famiglia Agnelli-Elkann. I giudici, nell'ambito di questa vicenda, sono arrivati a sequestrare beni mobili e immobili per 74,8 milioni di euro in un provvedimento rivolto - tra gli altri - anche a John, Lapo e Ginevra Elkann con le accuse di truffa ai danni dello Stato e dichiarazione infedele. Proprio ieri la Corte di Cassazione ha depositato le motivazioni con le quali, il 4 luglio scorso, ha confermato la validità del sequestro disposto dalla Procura di Torino e respinto il ricorso degli Elkann e del commercialista Gianluca Ferrero. Secondo i giudici, l'ipotesi di truffa aggravata ai danni dello Stato è «perfettamente compatibile con l'evasione della tassa di successione», senza che questo comporti «alcuna duplicazione» con l'accusa di evasione dell'Irpef come invece sostenevano i ricorrenti.

I ragionamenti che potrebbero portare a un addio ai vertici di Ferrari, Stellantis ed Exor derivano dai rischi di perdere il requisito di onorabilità richiesto per poter ricoprire cariche di vertice in imprese quotate. Precisato che Elkann è solo indagato e, secondo il Testo unico della Finanza, per perdere il requisito non basta un avviso di garanzia, il decreto ministeriale 162/2000 fa intendere invece che la perdita del requisito di onorabilità potrebbe configurarsi anche per i soggetti sottoposti a misure di prevenzione (come lo potrebbe essere il sequestro di beni) disposte dall'autorità giudiziaria. Per le società non quotate, invece, vige la norma sulle cause di ineleggibilità e decadenza stabilite dall'articolo 2382 del codice civile, che prevede la perdita delle cariche per chi venisse condannato «ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitrare uffici direttivi».

Posto che Elkann, al momento, non è stato condannato e non risulta avere incarichi sociali in società quotate in Italia - Exor e Stellantis sono società di diritto olandese a cui dovrebbe applicarsi la rispettiva normativa, mentre Ferrari è controllata sempre da una società di diritto olandese - un passo indietro dalle cariche, in via precauzionale e difensiva, potrebbe comunque porsi come un tema di opportunità, pur senza obblighi di sorta, per

dipanare potenziali margini di incertezza in attesa che la vicenda processuale si chiarisca in modo favorevole al numero uno di Exor. A quel punto, Elkann potrebbe ritornare in sella mettendo da parte ogni preoccupazione.

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