Eluana e il diritto all'eutanasia. Paga l'ex dg della Lombardia

Lucchina vietò agli ospedali di sospendere i trattamenti. I giudici: "Una concezione personale del diritto alla salute"

Eluana e il diritto all'eutanasia. Paga l'ex dg della Lombardia
00:00 00:00

Sulla sorte di Eluana Englaro, la giovane avviata al «fine vita» nel 2009 dopo diciassette anni trascorsi in stato vegetativo, si sono confrontati prima e dopo la sua morte posizioni contrastanti e polemiche drammatiche e laceranti. La legge sull'eutanasia invocata da più parti non è mai stata varata. Ora, a quindici anni di distanza, a una sola persona viene presentato il conto di quella drammatica vicenda: Carlo Lucchina, allora direttore della Sanità della Regione Lombardia, che dovrà pagare di tasca sua quasi 180mila euro, su decisione della Corte dei Conti. La sua colpa: non avere consentito al padre di Eluana, Beppino Englaro, di ricoverare la figlia in un ospedale lombardo per darvi corso alla sentenza che autorizzava la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione che la tenevano in vita.

Per eseguire la sospensione, autorizzata dalla Corte d'appello di Milano, Beppino Englaro dovette spostare la figlia in una clinica friulana. Eluana vi arrivò il 3 febbraio, e vi spirò tre giorni dopo, proprio mentre in Parlamento si stava per votare una legge che avrebbe impedito la sua morte. Ma la vicenda giudiziaria di Eluana non finì lì: perchè il padre si rivolse al Tar della Lombardia chiedendo che gli fossero risarcite le spese sostenute per il trasferimento della figlia in Friuli. Nel 2016 gli venne data ragione, il Consiglio di Stato l'anno dopo confermò la decisione. La Regione Lombardia dovette pagare. Ed è quel risarcimento che ora Lucchina viene chiamato a rimborsare alla Regione.

A colpire è la asprezza dei toni con cui la Corte dei Conti rinfaccia a Lucchina la sua decisione di quindici anni fa: al manager pubblico viene attribuita una «autoritativa e unilaterale concezione del diritto alla salute». La colpa di Lucchina: non avere obbedito alla Corte d'appello, ricordando invece agli ospedali lombardi che nei loro reparti «deve essere garantita l'assistenza di base che si sostanzia nella nutrizione, idratazione e accudimento delle persone». Fu una decisione che ieri, dopo la notizia della condanna, Lucchina continua a difendere: «Non è stata un'obiezione di coscienza, ma sono state applicate le direttive arrivate anche dell'Avvocatura regionale». D'altronde in primo grado anche la Corte dei Conti aveva ritenuto corretta la scelta di Lucchina, «ponderata a seguito di istruttoria con l'avvocatura regionale» e conforme alla direttiva del ministero della Salute che aveva escluso per gli ospedali pubblici un obbligo di eutanasia.

Per giustificare la condanna di Lucchina, la Corte dei Conti proclama «il diritto alla salute quale diritto anche di rifiutare le cure a favore dei concetti di autodeterminazione del malato e di rifiuto di degradanti trattamenti di accanimento terapeutico». Ma Eluana non poteva rifiutare nulla perchè non era cosciente, e il suo rifiuto di cure palliative venne dedotto solo da opinioni espresse quando non immaginava il tragico destino che la vita le riservava. Ora suo padre Beppino dice: «potevano evitare tutto ciò che hanno combinato, ora è chiaro che hanno sbagliato e ne devono rispondere».

Ma nel fronte moderato la condanna di Lucchina crea sconcerto: «Per la Corte sembra doveroso uccidere disabili in difficoltà per garantire il bilancio della sanità. Qualcosa che fa ribrezzo», dice Ignazio Zullo, deputato di Fratelli d'Italia.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica