Per le bollette sono in arrivo «prezzi mai visti prima» e il prossimo governo di centrodestra rischia di dover andare alla guerra con le spade di legno di un budget inadatto a fronteggiare la sfida dei prezzi energetici. Un paradosso sottolineato anche dal premier Mario Draghi che, alla vigilia del terzo Consiglio Ue straordinario dei ministri energetici in un mese, ha dichiarato opertis verbis che «davanti alle minacce comuni dei nostri tempi, non possiamo dividerci a seconda dello spazio nei nostri bilanci nazionali». Un modo come un altro per dire che per Bruxelles non possono esserci figli e figliastri. Anche perché questo atteggiamento pone una seria ipoteca sulla manovra 2023 nonostante dalla Nadef siano spuntati almeno 10 miliardi di disponibilità aggiuntive nell'anno in corso (che potrebbero aumentare a circa 20 miliardi considerando anche il prossimo).
Ma andiamo con ordine. Ieri l'Arera, l'Authority per l'energia e le reti, ha reso noto che gli interventi finanziati dal governo per il quarto trimestre ridurranno al +59% l'aumento del prezzo di riferimento dell'energia elettrica per la famiglia tipo in regime di tutela. Senza interventi le tariffe sarebbero più che raddoppiate. La spesa per la famiglia tipo nel 2022 sarà di circa 1.322 euro, rispetto ai 632 euro circa del 2021. Arera ha invitato governo e Parlamento a «posticipare la fine della tutela elettrica per le microimprese (prevista per il prossimo primo gennaio) e di conseguenza anche quella per i clienti domestici» viste «le criticità del momento». Per conoscere l'incremento dei prezzi del gas, invece, bisognerà attendere perché la rilevazione dei prezzi sarà effettuata su base mensile e, dunque, per ottobre bisognerà attendere l'inizio di novembre. Il presidente dell'Authority, Stefano Besseghini, ha evidenziato che «per le famiglie più vulnerabili l'effetto è pressoché di uno schermo totale».
Questa stato di cose getta un'ombra sinistra sull'elaborazione della legge di Bilancio per il 2023. Il motivo è semplice: tamponare il caro-prezzi sarà sempre più difficile. Come detto, potrebbero essere disponibili 10 miliardi per l'anno in corso da utilizzare sul prossimo con un decreto Bollette di fine anno. La Nadef ha rivisto al ribasso la stima di defit/Pil 2022 dal +5,6% del Def al +5,1%, liberando uno spazio per spese aggiuntive considerato che nei conti finali sarà il Documento di economia e finanza a fare testo.
Discorso diverso per quanto riguarda il 2023. Anche se il deficit/Pil dell'anno prossimo è stato indicato al 3,4% rispetto al 3,9% indicato ad aprile, occorrerà comunque avere una certificazione della manovra da parte di Bruxelles. È vero che il governo si aspetta una riduzione dell'inflazione entro fine anno al 6,6% per poi calare al 4,5% nel 2023. Ma sono previsioni: se le tensioni sui mercati energetici dovessero proseguire, la crescita potrebbe ridursi per effetto del caro-vita che penalizza consumi interni e investimenti (i prezzi alla produzione ad agosto sono schizzati del 40,1% annuo).
Dunque, quei 10 miliardi teorici di ulteriore disponibilità sono tutt'altro che da considerare come acquisiti. Perciò se Giorgia Meloni vorrà intervenire in maniera pesante sulle bollette (che quest'anno hanno assorbito 40 miliardi di spesa pubblica), bisognerà trovare altre strade, anche comunitarie, come invocato da Draghi stesso.
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