Epidemia colposa, ammissioni e nuove carte. L'ombra della Procura sull'ex premier

Indagati e consulenti smontano la ricostruzione del governo sulla gestione

Epidemia colposa, ammissioni e nuove carte. L'ombra della Procura sull'ex premier

Non c'è solo il caso Di Donna a turbare i sonni dell'ex premier Giuseppe Conte. Sul neo leader M5s si allunga sempre di più l'onta del processo per epidemia colposa, assieme al ministro della Salute Roberto Speranza, al suo stretto entourage al ministero (il suo capo di gabinetto Goffredo Zaccardi si è dimesso a sorpresa qualche settimana fa), fino all'ex numero due Oms Ranieri Guerra (Dg della Prevenzione tra il 2014 e il 2017) e ai vertici del Cts e dell'Iss. Quando uscì la notizia di Conte indagato, qualche manina si affrettò a scrivere che si trattava di «un atto dovuto e che le accuse sarebbero state infondate», ma la Procura di Bergamo la pensa diversamente. Certo, la famosa commissione d'inchiesta parlamentare sul Covid che dovrebbe insediarsi tra il 20 e il 22 ottobre rischia di diventare una barzelletta per colpa degli emendamenti di Pd, Lega e M5s che ne hanno depotenziato lo spazio di manovra, limitandone il campo d'indagine al 30 gennaio 2020 e ai Paesi di origine del Covid.

Ma ad oggi alcune ammissioni dei protagonisti dimostrerebbero anche che alcune decisioni di Palazzo Chigi, nei giorni tra lo scoppio dell'epidemia a Wuhan e il primo caso conclamato a Codogno, avrebbero aggravato la pandemia anziché frenarla.

C'è una cartella clinica (di cui ha parlato il Giornale, recapitata in forma anonima al team di legali dei familiari delle vittime della Bergamasca e oggi in mano ai pm) di un 54enne cinese della Valle Seriana ricoverato il 26 gennaio 2020 all'ospedale di Seriate con sintomi Covid, che sposterebbe di un mese lo scoppio dell'epidemia Covid in Italia, anche se c'è chi pensa (come Giorgio Palù) che il virus fosse in Italia già a settembre. Ma al paziente non venne fatto il tampone per la retromarcia di Speranza, su pressione delle Regioni. La motivazione? «La mancanza di risorse», come ha rivelato ai microfoni di Francesca Nava per Presa Diretta l'ex Dg della Prevenzione del ministero della Sanità Claudio d'Amario, successore di Guerra.

C'è un documento che rivela come l'Italia avrebbe disatteso anche le richieste Ue sui test ai viaggiatori provenienti da Wuhan, innescando il cluster nel cuore dell'Europa. Governo e Regioni non avevano né soldi né reagenti, sebbene fossero previsti dal piano pandemico del 2006, ignorato e non aggiornato dallo stesso Guerra e D'Amario. Tanto che secondo un medico di Bergamo «se si faceva un tampone ad un paziente nel febbraio 2020, e se era negativo, chi lo aveva fatto correva il rischio di pagarselo di tasca propria».

C'è il nodo della mancata chiusura di Alzano e Nembro, ipotizzata il 23 febbraio e sfiorata il tre marzo. Che bisognasse chiudere subito lo dice anche l'Avvocatura dello Stato in un passaggio della memoria difensiva. Quanti morti è costata? Migliaia, secondo il report del generale Pier Paolo Lunelli, consulente dei legali delle vittime: «Se si fosse chiuso anche il 27 febbraio ci sarebbero stati solo 61 morti over 65», ha detto ai pm. Decisiva in merito sarà la consulenza del professor Andrea Crisanti, in arrivo entro fine anno. Poi c'è la clamorosa ammissione di colpa, forse tardiva, di alcuni dei principali protagonisti. In un libro in uscita in questi giorni Guerra, sospettato dai pm di aver fatto pressioni sull'ex funzionario dell'ufficio Oms di Venezia, Francesco Zambon perché non rivelasse in un report (misteriosamente sparito e in mano ai pm) le falle del governo, spara contro Speranza sulle mascherine donate alla Cina e sul piano pandemico disapplicato.

Persino per il consulente di Speranza Walter Ricciardi «serviva la quarantena obbligatoria di chi, anche asintomatico, tornava da zone a rischio». Per il sindaco di Bergamo Giorgio Gori «la partita Atalanta-Valencia non andava giocata». Pentimenti tardivi per evitare guai giudiziari? Lo sapremo presto.

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