Atene. Un'altra disposizione internazionale violata dalla Turchia. A Cipro, quarantasei anni dopo, Famagosta è nuovamente preda delle provocazioni di Ankara: la spiaggia deserta di Varosha, in violazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu, è stata riaperta da una decisione di Recep Tayyip Erdogan, essenzialmente finalizzata al gioco politico che si sta distendendo nel Mediterraneo orientale.
Una dimostrazione di forza del leader turco, che ha voluto far rivivere ai ciprioti l'incubo dell'invasione armata del 1974. Gruppi di persone con bandiere turche e striscioni del pseudo-stato turco cipriota, non riconosciuto dalla comunità internazionale, si sono ammassate davanti alla ringhiera della città, chiusa dall'agosto 1974. Dopo un cenno hanno fatto ingresso nella spiaggia, con qualcuno che ha anche fatto il bagno.
Sconcerto a Nicosia e Atene. Il presidente della Repubblica di Cipro Nikos Anastasiadis ha immediatamente informato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, spiegando che solleverà la questione al prossimo Vertice in programma il 15 e il 16 ottobre: «La Repubblica di Cipro ha detto - non è rimasta e non rimarrà inattiva. Ha già denunciato queste violazioni al Consiglio di sicurezza e ai suoi cinque membri permanenti, il segretario generale delle Nazioni Unite, i capi delle istituzioni dell'UE, i leader degli Stati membri dell'Unione, nonché in tutte le sedi internazionali, a cui partecipa la Repubblica di Cipro».
Secondo Anastasiadis, Ankara e il «regime occupante» devono rispettare le risoluzioni delle Nazioni Unite sullo status della città chiusa di Famagosta «per consentire una nuova iniziativa del segretario generale delle Nazioni Unite che mirerà alla soluzione definitiva del problema cipriota, nel quadro di quanto concordato ma anche determinato da una serie di risoluzioni Onu all'interno dei principi e dei valori europei». Raddoppia la dose lo speaker del governo greco Stelios Petsas secondo cui la Grecia solleverà la questione in Ue dal momento che il gesto provocatorio di Ankara ha implicazioni anche per i territori occupati, in quanto l'obiettivo apparente è sostenere Ersin Tatar nel primo turno delle elezioni presidenziali che si terranno l'11 ottobre. La Turchia sta diventando il «fattore destabilizzante nella nostra regione», ha aggiunto da Bratislava il ministro degli Esteri greco Nikos Dendias, impegnato in un macro allargamento delle relazioni ateniese, che comprendono anche Israele e Emirati Arabi Uniti, esprimendo la speranza che Ankara cambi rotta. Ma la risposta di Erdogan, a questo e come a tutti gli altri fronti aperti che al momento ha, si ritrova in un tweet poco diplomatico del presidente: «Ci inchiniamo alla presenza di Allah, non ci inchiniamo davanti a nessun altro potere», in un momento caratterizzato dai molteplici sforzi diplomatici tanto di Washington quanto di Berlino per favorire una de-escalation.
Da Bruxelles ferma condanna alla provocazione turca giunge dal leader del Ppe, Manfred Weber, secondo cui Cipro ha sofferto a lungo le provocazioni e gli attacchi turchi. «Siamo seriamente preoccupati per i piani della Turchia di aprire Varosia ha osservato - un'azione del genere costituirebbe una violazione delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza e minerebbe le prospettive di una soluzione al problema».
E chiede con forza il ritorno immediato di Varosha ai legittimi abitanti, sotto l'amministrazione dell'Onu. Parole che però fino ad oggi non hanno spaventato Ankara che, dopo Siria e Libia, si prepara ad un altro dispiegamento di profondità strategica.
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