«La Costituzione non conferisce il diritto all'aborto... L'aborto presenta una profonda questione morale», si legge nella sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti. Significa che le parole «diritto» e «aborto» non vanno d'accordo e che ogni Stato degli Usa potrà e dovrà valutare come comportarsi di fronte a una vita nascente, quando il bimbo si trova nella pancia della mamma.
Gli studi scientifici mettono in crisi sempre più esperti in passato favorevoli all'aborto. Esperimenti recenti provano che a pochi mesi di vita un embrione è in grado di ascoltare la musica che arriva dal soggiorno di casa e persino di battere le mani seguendone il ritmo. Il tema ha da sempre toccato le coscienze laiche, come quella del socialista Giuliano Amato, presidente della Corte costituzionale, che nel 1992, da presidente del consiglio, pose la questione: «La vita è un valore enorme. Se mettiamo in discussione questo, se non limitiamo a casi essenzialissimi le ipotesi in cui un essere umano può mettere in discussione la vita di un altro essere umano, viene meno proprio il fondamento della convivenza». Ancora: «Questo discorso sulla vita l'ho pensato da laico, offendendomi quando mi viene detto: Tu prendi in prestito le idee del Papa».
Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ritiene la sentenza storica: «Il fatto che un grande Paese con una lunga tradizione democratica abbia cambiato posizione su questo tema sfida il mondo intero». L'arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori, non conservatore, ha sottolineato che «la vita è un bene da difendere dal suo inizio alla fine naturale ed oggi è una missione che incontra ostacoli, impedimenti, perfino insuccessi che potrebbero indurre alla resa».
Non tutti sono d'accordo. La sinistra, con Enrico Letta, parla di «furore ideologico della Corte» e Emma Bonino di Più Europa vede «un passo indietro», il leghista Matteo Salvini sostiene che «l'ultima parola tocca sempre alla donna». L'azzurra Mara Carfagna esclude guerre culturali nel nostro Paese: «Per fortuna in Italia la 194 è solida e nessuna forza politica la mette in discussione». Al contrario il senatore leghista Simone Pillon esulta e spera in una «brezza leggera del diritto alla vita di ogni bambino anche in Europa e in Italia». Così anche Mario Adinolfi, presidente del Popolo della Famiglia: «Esultiamo. È stato posto un argine all'orrore per cui negli Stati Uniti ogni cinque bambini concepiti uno veniva ucciso nel ventre materno».
Pochi sanno che la legge 194 non parla di «diritto all'aborto», considerato un'extrema ratio quando sia stata inutilmente tentata qualsiasi altra strada, proprio come accade nella vita delle donne. Una grande quantità di aborti avviene per motivi economici o perché la madre viene abbandonata dal padre del bimbo. Non a caso istituzioni come il Cav, il Centro di aiuto alla vita, di Milano sono riuscite a evitare mille aborti al mese, eliminando gli ostacoli economici e psicologici che avevano persuaso la madre dell'impossibilità di portare avanti la gravidanza.
La 194 non parla di «diritto all'aborto», al contrario precisa come sia necessario un esame delle soluzioni dei problemi, un aiuto alla rimozione delle cause, un invito a soprassedere per sette giorni in assenza di urgenza, anche oltre i primi 90 giorni di gravidanza.
L'articolo 1 recita che «lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio» e spiega che «l'interruzione volontaria della gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite». Non sempre però le donne trovano aiuto.
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