Tutti assolti. Tutti e quattordici con formula piena. Tutti, compreso Pier Luigi Boschi, padre di Maria Elena, capogruppo di Italia Viva alla Camera. Il processo per le consulenze d'oro di Banca Etruria finisce con un flop, esattamente come quello per la bancarotta dell'istituto di credito, chiuso l'anno scorso con una raffica di assoluzioni. E l'ex ministra non trattiene le lacrime: «Oggi ho pianto come una bambina, in ufficio, alla Camera. Avevo giurato che non avrei ceduto all'emozione per Etruria ma non ce l'ho fatta. Sono stati sette anni di calvario e questa storia si chiude nell'unico modo possibile: con la certezza che mio padre era innocente».
Invece, sulla presunta colpevolezza di Boschi senior e di tutto lo stato maggiore della banca aretina erano state costruite violente campagne fra giornalismo e politica e tutto un mondo era stato demonizzato. «Non eravamo noi i mostri», afferma ora Matteo Renzi, parafrasando il titolo del suo nuovo libro. «Oggi molti avversari politici, ospiti dei talk, dovrebbero mettersi in fila e dire una sola cosa: scusa. Non lo faranno». E Carlo Calenda riassume il clima di questa stagione di odio: «Maria Elena Boschi è stata vittima di un linciaggio senza precedenti».
C'è qualcosa che non funziona nella giustizia italiana, anche se i referendum sono stati snobbati dai cittadini e lo dimostra proprio l'andamento dei dibattimenti per il dissesto delle banche toscane: per Etruria le poche condanne arrivano dal filone abbreviato del troncone principale, per Mps le sentenze stanno restituendo l'onore a molti imputati. L'ultimo colpo di scena poco più di un mese fa Milano dove la corte d'appello ha assolto tutti gli imputati nel segmento dei derivati, a cominciare dall'ex presidente Giuseppe Mussari che in primo grado era stato condannato a 7 anni e 6 mesi.
Ora ad Arezzo l'accusa, che aveva chiesto pene per tutti e 12 mesi di carcere per Boschi, raccoglie un pugno di mosche. Una sconfitta clamorosa. L'avvocato Gildo Ursini annuncia trionfante: «Boschi ha chiuso tutte le pendenze con Banca Etruria».
Il suo collega Luca Fanfani invece va giù pesante: «Auspico che le novità previste dalla Cartabia, a cominciare dalla possibilità di celebrare processi solo a condizione che vi sia una ragionevole previsione di condanna, contribuiscano ad evitare in futuro processi largamente inutili come questo».
La verità insomma era già scritta: «Nel momento in cui la Banca d'Italia nel dicembre 2013 impone a Banca Etruria di trovare un altro istituto con cui fondersi, l'ha obbligata ad accollarsi ingenti spese per advisor legali finanziari e industriali, esattamente le spese contestate dalla procura». Quelle che per i giornali erano appunto le consulenze d'oro.
Ora, la riforma Cartabia, rivede il filtro del rinvio a giudizio, rendendolo più stretto: si può essere spediti a processo solo se c'è una concreta ipotesi di condanna. Ma il punto è introdurre nei tribunali del Paese una cultura davvero garantista.
Ci sono invece magistrati che lavorano male: accecati dall'ideologia o tarantolati dalla smania di protagonismo, o semplicemente superficiali e sciatti nel condurre le indagini e nel sostenere poi i capi d'accusa. Intanto, uomini e donne, famosi o sconosciuti, restano ostaggi della vetrina mediatica per troppo tempo e la loro reputazione è compromessa. Un copione sempre uguale. Anche oggi, fino alle lacrime della Boschi.
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