Un ex ferroviere razzista fa fuoco sui curdi: tre vittime

Attaccato un centro culturale. L'uomo scarcerato solo da 11 giorni dopo l'assalto con sciabola al campo profughi

Un ex ferroviere razzista fa fuoco sui curdi: tre vittime

Non è neppure mezzogiorno, quando nel centro di Parigi, a poche centinaia di metri da Place de la République, un pensionato 69enne francese, armato di pistola, spara davanti al centro culturale curdo «Ahmet Kaya»: tre morti, tutti attivisti. Una donna e due uomini; altri due feriti gravissimi, un terzo lievemente. Parigi ripiomba nell'incubo del terrorismo, con l'uomo che fugge dalla scena del crimine e si rifugia in un parrucchiere. Lì viene disarmato e ferito da lavoratori e clienti. «Sette, otto spari in strada», raccontano, «il panico totale».

Servono quasi 15 minuti alla polizia chiamata dai residenti per arrivare e arrestare il sospettato. Portato via con una ferita sul volto, interrogato. Si tratta di un ex dipendente della Sncf, la società che gestisce le ferrovie francesi. Si scopre che quest'ex macchinista era uscito di galera appena 11 giorni prima (il 12 dicembre). E che era già stato protagonista di raid punitivi contro stranieri, mai però finiti nel sangue. William M. - questo il nome filtrato dagli inquirenti che hanno aperto un'inchiesta per omicidio volontario e violenze aggravate - era noto per due tentati omicidi a sfondo razzista, uno nel 2016 (condanna a sei mesi con la condizionale nel 2017) e nel 2021, quando a Parigi, sempre a dicembre, assaltò con una sciabola un campo per migranti mentre dormivano. Per quest'azione, era stato detenuto nella prigione della Santé. Ma l'ordinamento bleu blanc rouge tiene conto della pena, più che della pericolosità del soggetto: e per reati che prevedono fino a 10 anni di carcere la legge dice sostanzialmente che non si può tenere dietro le sbarre più di 1 anno chi è in attesa di giudizio. Era quindi fuori, «sotto controllo giudiziario», non schedato dagli 007 ma col divieto di imbracciare armi. Intanto, a Rue d'Enghien, scoppia il caos.

Il presidente Emmanuel Macron condanna «l'odioso attacco nel cuore di Parigi» che ha preso di mira «i curdi di Francia». Si dice «vicino alle famiglie delle vittime», ma cresce la tensione nel quartiere che pullula di comunità straniere. L'Eliseo fa sapere d'aver chiesto al ministro dell'Interno - fuori città - di correre sulla scena del crimine. Gérald Darmanin arriva solo alle 16, scortato e fra le polemiche: perché non c'era protezione al centro culturale. Il ministro minimizza, dice che non si conoscono «i moventi esatti» del sospettato, che «ha agito da solo». E che ha «deliberatamente» colpito stranieri. «Sparava in un club sportivo e aveva molte armi dichiarate», ammette poi Darmanin.

La sinistra non aspetta altri chiarimenti. La sindaca socialista di Parigi ha già condannato una parte politica dichiarando che la comunità curda è stata «presa di mira dall'estrema destra», accusando «un militante». Lo stesso hanno già fatto Jean-Luc Mélenchon (che invoca la «rabbia» per «un attacco terrorista») e Yannick Jadot, rispettivamente leader della sinistra e dei verdi. Marine Le Pen si dice colpita dal «terribile dramma, il nostro pensiero va alle vittime e alle famiglie». Il governo resta però cauto sul gesto, e solo Isabelle Rome, titolare del dicastero per le Pari opportunità, lo circoscrive a «odio xenofobo e razzista». Tranchant, il Consiglio democratico curdo (Cdkf) parla di attacco «terroristico», invitando parigini e comunità straniere a scendere in piazza oggi stesso per protestare: contro una Francia che «non ci protegge a sufficienza». Chiedono di «fermare la collaborazione con le autorità turche e con i Servizi», dice un leader del Cdkf in conferenza stampa.

L'appartamento dei genitori del pensionato, dove risiedeva, è a quindici minuti dal suo bersaglio «curdo». Perquisito. Si cercano prove per incriminarlo, rivendicazioni. Ascoltati i vicini, per ora si escludono complici. Ma c'è una strana nebbia attorno all'accaduto.

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