Expo 2030 va in Arabia. La delusione dell'Italia

Roma terza con 17 voti. Il presidente Massolo: "Deriva mercantile, è capitato qualcosa"

Expo 2030 va in Arabia. La delusione dell'Italia
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Il sogno svanisce al tramonto, in una verde periferia parigina, calpestato e schiacciato dal bulldozer saudita. Numeri impietosi, una secchiata gelata, infatti non c'è proprio partita: alla fine i 119 voti di Riad, da mesi strafavorita, contro gli appena 17 raccolti da Roma fanno un certo effetto, visto che persino la coreana Busan, città portuale e industriale, con 29, fa meglio di noi: e così l'Expo 2030 si svolgerà nella capitale del petrolio. Delusione. Silenzio e facce lunghe nella delegazione italiana. Tre anni abbondanti di campagna elettorale buttati nel cestino, 50 miliardi di euro sfumati, il tre per cento del Pil evaporato. Più che un sogno, un incubo. «Brutta sconfitta, siamo amareggiati», dice il sindaco Roberto Gualtieri mentre gli arabi festeggiano con canti folkloristici tradizionali e balli del deserto. E Giampiero Massolo, presidente del comitato promotore, accusa: «Ha vinto la deriva mercantile».

Forse era un verdetto scontato, certo non in queste dimensioni. Al dunque a Issy-Les-Molineaux i delegati del Bureau international des Expositions, come previsto, si sono lasciati convincere dal dossier ricco e tecnologico di Riad, per il quale si è speso pure Cristiano Ronaldo, l'uomo con più followers al mondo. Scartato il programma coreano, che puntava sull'inclusione e la sostenibilità ambientale, e snobbato quello romano, centrato sulla bellezza e l'arte. «Vogliamo portare la storia nel futuro», le parole di Giorgia Meloni nel videomessaggio. «Il nostro progetto è dedicato al rapporto tra le persone e i territori, a Roma come da sempre tutti troveranno il proprio spazio». Hanno preferito i petroldollari.

Eppure fino all'ultimo la delegazione italiana ha sperato: dando per scontata l'affermazione saudita al primo turno, si puntava tutto sul ballottaggio. Il sindaco, il Coni, il governo, un po' di lavoro di squadra, tre testimonial come Bebe Vio, Sabrina Impacciatore e Trudie Styler, la moglie di Sting. Poi pure l'appello di Jannik Sinner, fresco trionfatore di coppa Davis. Niente da fare, per funzionare la strategia prevedeva di arrivare secondi senza che gli arabi raggiungessero la maggioranza assoluta. Invece hanno lasciato 29 e 17 voti, le briciole.

E adesso è già partita la giostra delle recriminazioni. Carlo Calenda parla di occasione persa. «Una candidatura nata male e sostenuta peggio». Per Enrico Borghi, Italia Viva, «è una figuraccia galattica di Meloni e Gualtieri». Andrea Abodi, ministro dello Sport, chiede invece «che non vada disperso il patrimonio che è stato costruito e al quale il governo ha dato il suo contributo fin dall'inizio perché la città merita attenzione». Certo, «c'è delusione per i numeri, però il futuro di Roma non passa solo per l'Expo». Furioso l'ambasciatore Massolo. «Oggi l'Esposizione, ieri i mondiali di calcio, domani chissà le Olimpiadi. Vale il principio dell'interesse economico.

Non vorrei che si arrivasse alla compravendita dei seggi nel consiglio di sicurezza dell'Onu». L'unico contento sembra il portavoce dei Verdi Angelo Bonelli. «Meglio così, i cittadini hanno diritto a una capitale vivibile».

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