Nella nuova amministrazione di Donald Trump c'è posto solo per i fedelissimi. Dopo la scelta come chief of staff di Susie Wiles, la stratega della sua campagna che lui chiama «ice baby» per via del suo temperamento imperturbabile, sono attese a breve nuove nomine chiave. Ma il presidente eletto ha già escluso la riconferma di due figure di spicco del suo primo governo, l'ex segretario di stato Mike Pompeo e l'ex ambasciatrice all'Onu Nikki Haley. «Non inviterò Haley o Pompeo a unirsi all'amministrazione Trump, che è attualmente in fase di formazione. Ho apprezzato molto lavorare con loro in passato e vorrei ringraziarli per il loro servizio al nostro Paese», ha scritto sul suo social Truth.
Se l'esclusione dell'ex governatrice della South Carolina era più probabile, l'ex capo della diplomazia Usa e della Cia era dato in lizza per il Pentagono. Tuttavia, le sue posizioni sull'Ucraina, e in particolare il piano delineato nei mesi scorsi che prevedeva più trasferimenti di armi a Kiev e azioni severe contro il settore energetico russo, sono in netto contrasto con altri sostenitori chiave di Trump. Il vice JD Vance, secondo alcune fonti, sarebbe stato ad esempio il più strenuo oppositore alla sua nomina. Tra i favoriti per un posto nella squadra ci sono, per la casella di segretario di stato, l'ex ambasciatore a Berlino Richard Grenell (emerso dalla passata amministrazione come uno dei migliori diplomatici dell'ex presidente), ma anche il senatore ed ex ambasciatore in Giappone Bill Hagerty (un falco anti-Cina). E sono risalite pure le quotazioni del senatore della Florida Marco Rubio, il quale non ha fatto mistero della speranza di entrare nel gabinetto di Trump, e Foggy Bottom potrebbe essere la scelta più naturale.
Come ambasciatrice all'Onu, invece, si parla della deputata di New York Elise Stefanik, scettica sul tycoon nel 2016 e poi diventata una delle sue più forti sostenitrici in Congresso (lo ha difeso strenuamente durante il processo di impeachment del 2019). Come direttore della Cia sarebbero al vaglio l'ex direttore della National Intelligence John Ratcliffe e Kash Patel, fedelissimo di Trump che ha fatto parte del consiglio per la sicurezza nazionale. Mentre per il ministero della Giustizia tra i papabili ci sono il procuratore generale del Texas Ken Paxton, che è stato incriminato e messo sotto accusa come The Donald, Matthew Whitaker, per tre mesi ministro della Giustizia ad interim, e Mark Paoletta, che ha prestato servizio nell'ufficio del bilancio di Trump e sostiene che non esiste alcun obbligo legale per un presidente di restare fuori dalle decisioni del dipartimento di giustizia.
Una casella fondamentale è poi quella del Tesoro: per il ruolo si profila un esponente di Wall Street, come John Alfred Paulson o l'ex presidente della Sec Jay Clayton, ma anche l'ex rappresentante per il Commercio Usa Robert Lighthizer, in corsa pure come nuovo segretario al Commercio.
Punto interrogativo ancora sul ruolo di Elon Musk, la cui presenza a qualche livello nella prossima amministrazione Usa viene considerata una certezza, e dell'ex candidato indipendente Robert F. Kennedy Jr., figura di spicco del movimento no-vax, al quale Trump ha promesso un «ruolo importante» nella sanità.
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