In soli sei mesi gli italiani hanno ritirato dai loro conti in banca 71 miliardi. La consistenza dei depositi è scesa del 3,4% da 2.065 miliardi del 31 dicembre ai 1.994 miliardi del 30 giugno. La cifra è il saldo tra l'uscita dai conti correnti, pari a 121 miliardi, e i 50 reinvestiti nei conti di deposito. Questa la fotografia dei flussi scattata dal Centro studi di Unimpresa. Cosa significano questi numeri? Due cose: la prima è l'effetto inflazione sulle tasche degli italiani. Con l'aumento del prezzo del carrello della spesa da un lato, e delle rate del mutuo a tasso variabile dall'altro, le famiglie di fascia reddituale medio-bassa hanno dovuto far ricorso al cuscinetto bancario, prelevando dal conto quanto necessario per far tornare i conti.
La seconda è l'effetto tassi: in seguito all'aumento di questi e quindi anche dei rendimenti di titoli di Stato e bond,le famiglie con redditi medio-alti hanno tolto risorse dai conti correnti a remunerazione zero per spostarli o sui conti deposito, o su altri strumenti finanziari, come appunto i Btp (che rendono circa il 4%). Una situazione descritta bene dalla prima banca del Paese, Intesa Sanpaolo, che nell'ultima semestrale scrive testualmente: «Dopo una crescita robusta durata circa un decennio, da febbraio anche i depositi delle famiglie hanno iniziato a segnare un calo, che fa seguito a quello registrato dai depositi delle imprese dal quarto trimestre 2022.
L'andamento risente dei deflussi netti causati dall'utilizzo delle riserve di liquidità detenute sui conti correnti, come nel caso delle imprese, e dalla diversificazione dei risparmi verso i titoli governativi e le obbligazioni. Non a caso qualche banca, come il Bbva, ha alzato i rendimenti sui c/c dal 2 al 4%. E qualcun altra ci sta pensando.
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