Hitler e l'ubriaco. E non è il titolo di una qualche commedia del teatro dell'assurdo. Si tratta del sintomo di un nuovo innalzamento dello scontro da parte di alcuni settori dell'opposizione nei confronti del governo. Si parte dal professore Tomaso Montanari, rettore dell'Università per stranieri di Siena, nonché collaboratore del Fatto Quotidiano. «L'underdog Hitler: la pancia e quegli inizi così simili a oggi», è il titolo di un articolo dello studioso, pubblicato lunedì proprio sul giornale diretto da Marco Travaglio. Il commento, in realtà, dovrebbe essere la recensione di uno spettacolo di Stefano Massini, intitolato «Mein Kampf». Ma in sostanza si tratta di un attacco a testa bassa contro la presidente del Consiglio. Lo spunto per accusare Giorgia Meloni di utilizzare una retorica hitleriana. «C'è bisogno di uno chiamato a comandare ben oltre la melassa stantia dei parlamenti, con le loro liturgie», infilza il docente. E ancora: «Non si chiamava premierato, ma lo scopo ero lo stesso: far fuori i parlamenti: così inutilmente lenti, così tardivi, soporiferi, inconcludenti». «Non è la loro testa che devi conquistare dice Adolf a sé stesso non è lì che puoi farli innamorare. Nel petto, nello stomaco, nelle viscere, dove l'istinto regna incontrastato. La tua rabbia, che è la mia, il tuo orgoglio, la tua paura, la tua frustrazione, il dolore, la sconfitta che ho vissuto come te anch'io», prosegue pensoso il professore. Che poi concretizza il paragone alquanto spericolato: «Alla fine, si esce sconvolti: perché noi le conosciamo, le ascoltiamo tutti i giorni, queste parole. Sono quelle dei Trump, Milei, Orbán, Salvini, Meloni, Vannacci: dopo un secolo, la retorica con cui l'estrema destra arriva al potere è esattamente la stessa». Tutto si tiene, con il titolo del pezzo, in cui si cita il termine «Underdog», usato da Meloni per riferirsi a sé stessa, accostato da Montanari a Hitler. Paragone che, per il deputato di FdI Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura alla Camera, «rappresenta l'ennesimo vergognoso punto di non ritorno». «Per Montanari gli inizi del dittatore sono gli stessi inizi di leader della destra di oggi. Questi perenni riferimenti non sono accettabili. Come può un uomo che nutre un odio così grande ricoprire un ruolo così prestigioso», conclude Mollicone.
Il viaggio prosegue con Corrado Augias. Stavolta il fattaccio accade a Di Martedì, su La7, due sere fa. E qui il conduttore sfodera una performance alquanto naif, per usare un eufemismo. Il giornalista progressista, a un certo punto, comincia a parlare di Carlo Nordio, ministro della Giustizia. Augias si lascia andare a una gestualità inequivocabile, accusando, in sostanza, il Guardasigilli di esagerare con l'alcool. «In alcuni momenti della giornata il ministro Nordio ha evidenti problemi», dice Augias, alzando vistosamente il gomito e ridendo sornione.
Giovanni Floris accenna un sorriso, poi commenta «Non ho capito, quindi andiamo avanti». Poi gli applausi, quindi il silenzio nello studio e una punta di imbarazzo. Il gesto, così come il riferimento, era fin troppo eloquente.
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