Non è una scissione, al momento sembra più una fronda di cartone. Anche perché non conviene a nessuno rischiare la poltrona. A meno che non sia vera la voce che girava qualche giorno fa nel gruppo parlamentare grillino a proposito dei frondisti. «Quello che si dice nel Palazzo è che questa gente vuole andare a votare perché Conte gli ha promesso posti blindati nella sua lista, vogliono fare la campagna elettorale facendo passare Conte per la vittima di Renzi», ci spiegava un parlamentare stellato di peso nella mattinata di venerdì. Fantasiosa o no, soltanto un'ipotesi del genere avrebbe potuto giustificare la mossa-kamikaze di non votare la fiducia a un altro governo con Renzi. Dal momento che nel M5s le questioni di principio sono state accantonate da tempo in nome della realpolitik. E così dopo due giorni i ribelli languono. A Palazzo Madama il pallottoliere dei delusi irriducibili segna sempre quota quattro, massimo cinque. Alla Camera i dissidenti disposti a sacrificarsi di sicuro non arrivano a dieci. La riunione in videoconferenza dei carbonari, programmata per le 10 di ieri, è saltata. Il motivo è la «fuga di notizie» sull'incontro. Intanto qualche parlamentare lascia la chat dei frondisti.
I ribelli si sono già buttati sulla trattativa. In queste ore il No categorico al rientro di Renzi è diventato un Sì condizionato dalla portata delle condizioni che Italia Viva porrà al tavolo di maggioranza. Non si molla sul Mes, ma anche la giustizia è un fronte caldo. Nonostante i trattativisti siano disponibili ad aprire sulla prescrizione e rinunciare a Bonafede a Via Arenula. Bianca Laura Granato, considerata una dei più oltranzisti al Senato, smorza i toni. Sfoderando una dichiarazione dorotea. «La via maestra che ho sempre indicato è quella di considerare i nomi solo in funzione degli obiettivi e non viceversa - scrive su Facebook - mettere al primo posto gli interessi del Paese e non quelli dei singoli». Pino Cabras, tra i deputati «sovranisti», rilancia la sua interrogazione su Renzi in Arabia Saudita. Cabras sabato raccontava anche l'episodio divertente di qualcuno che gli aveva fatto uno scherzo telefonico spacciandosi per il senatore Mattia Crucioli, altro dissidente. Ma il post è stato cancellato ieri. Per i vertici uno dei modi per placare la fronda è insistere sulla chiusura totale al Mes. «Su questo punto non c'è negoziato», spiegano fonti grilline di primo livello. E ancora: «La discussione su questo è chiusa: per noi attivarlo è impossibile perché non terremmo, il gruppo esploderebbe». Le stesse fonti suggeriscono un modo per trovare la quadra con Renzi: «Un punto di caduta potrebbe essere quello di dire a Renzi di non alzare la posta sul Mes, ma di riscrivere insieme i saldi del Recovery facendo in modo di destinare più fondi, più risorse alla sanità». Però si unisce alla fronda anche il senatore Matteo Mantero, grillino della prima ora. Che all'Adnkronos spiega che il ritorno con Renzi è «un clamoroso errore». E sulla fiducia a un esecutivo con Iv dice: «Vedremo come si evolve la situazione».
Nel frattempo è partito il totoministri. «In tanti vogliono prendere il posto dei nostri che salteranno», spiega una fonte del M5s al Giornale. Ed è qui che si snoderà un'altra partita interna.
Con i contiani di stretta osservanza che vogliono contare di più. Ma si diffonde la voce di ambizioni dei ribelli. In particolare, Barbara Lezzi rivorrebbe il dicastero per il Sud e il presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra punterebbe alla Giustizia.
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