"Fase due sì, ma non per le scuole. Il governo si dimentica dei bambini"

La senatrice di FI è presidente della Commissione bicamerale per l'infanzia: "Chiederemo più fondi per sostenere le famiglie"

"Fase due sì, ma non per le scuole. Il governo si dimentica dei bambini"

Licia Ronzulli, è presidente della commissione bicamerale infanzia e adolescenza in Senato.

Come sarà la Fase due per i bambini?

«Dal 4 maggio dovrebbero tornare a lavoro milioni di italiani ma le scuole resteranno chiuse. A chi lasceranno i figli più piccoli? Fuori gioco i nonni, perché a rischio, sarà inevitabile ricorrere a baby sitter e assistenza a domicilio. Ma le risorse previste dal governo per sostenere i costi di questo servizio, sono insufficienti. Perciò, in fase di conversione dei prossimi decreti legge, faremo tutto il possibile per aumentare i fondi per i bonus alle famiglie. Ripartire è doveroso, ma lo si può fare solo se ogni tassello del sistema socio-economico, sconvolto dall'emergenza sanitaria, avrà la dovuta considerazione. Ma il governo sembra essersi dimenticato dei bambini».

Le scuole pare che non riapriranno.

«Ma le imprese sì. Come faranno gli studenti? La ministra dell'Istruzione ha lasciato intendere sui media che le scuole non riapriranno. Ancora, per l'ennesima volta, nessuna comunicazione ufficiale: governano coi sussurri. Glielo dico io: le scuole riapriranno a settembre. Il governo deve mettere in campo da subito misure per sostenere i genitori che tornano al lavoro ma con i figli a casa per molti mesi».

Come si aiutano i genitori?

«Anche i pochi fortunati che li hanno, potranno contare meno del solito sui nonni: gli anziani sono la categoria più a rischio e stavolta bisogna trovare il modo di risparmiare loro questo impegno. È dunque necessario che si investa su un welfare familiare. Ma non può considerarsi tale il bonus babysitter di 600 euro per 60 ore settimanali che ancora non si è capito chi potrà prendere e chi no. L'alternativa è drammatica, la scelta forzata tra lavoro e famiglia: migliaia di donne saranno costrette a lasciare il lavoro o finiranno per perderlo».

Per altri due mesi gli studenti dovranno studiare in rete, da casa. Ce la faranno?

«Con molte difficoltà, purtroppo. Le sembra normale che ad acquistare un tablet per garantire il diritto costituzionale allo studio ad un bambino debba essere una onlus e non lo Stato italiano? Le sembra normale che un bambino di 7 anni debba scrivere al Capo dello Stato per segnalare che con la mamma al lavoro e le scuole chiuse, rischierebbe di rimanere in mezzo a una strada? Incalzata in Parlamento, la ministra ha detto che il 94% degli studenti seguono corsi online. Già, ma quali? Il cellulare di mamma e papà e le fotocopie del libro di testo scambiate su whatsapp sono e-learning? Non scherziamo. L'Istat ha certificato che un terzo delle famiglie non possiede un pc, il 40% dei ragazzi nel Centro Sud non ha strumenti adeguati. Così facendo creiamo studenti di serie a e studenti di serie b: se n'è accorto persino Macron, in Francia. Ha ammesso che la didattica da remoto divide alimentando le disuguaglianze. Qui giocano coi numeri».

Quindi?

«Mentre loro litigano i ragazzi fanno chilometri per trovare una connessione e va in scena il fallimento dello Stato che non è in grado di garantire i diritti primari. Ho proposto l'insediamento di un tavolo permanente al Miur a cui avrebbero dovuto partecipare tutti gli assessori regionali e gli uffici scolastici regionali. È paradossale che tra task force, gruppi di lavoro e comitati vari, il governo non abbia ritenuto di coinvolgere attivamente le autonomie. La versione sulla riapertura delle scuole è cambiata almeno tre volte, sui bonus si sono incontrate grosse difficoltà.

Il governo sta comunicando male? In queste settimane ho ricevuto centinaia di mail e agli uffici della Commissione Infanzia; mamme e papà chiedevano notizie certe che, però, non riuscivano a trovare altrove. Ho deciso di aiutarli aprendo l'email emergenzainfanzia@gmail.com: voglio rispondere a tutti».

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