Fassino prova l'ammucchiata per inchiodarsi alla poltrona

Il sindaco di Torino ha paura dei grillini. Così imbarca i reduci della vecchia politica e tenta un'improbabile operazione simpatia

Fassino prova l'ammucchiata per inchiodarsi alla poltrona

Il Partito unico della Mole. «Se singoli esponenti del centrodestra ritengono di dover esprimere un apprezzamento per come ho governato la città, non posso che prenderne atto. Il mio obiettivo è raccogliere il massimo consenso. Anche Chiamparino e Pisapia hanno vinto grazie ai voti di centrodestra. Non vedo quale sia il problema». Per Piero Fassino non c’è problema a imbarcare i grandi elettori del centrodestra torinese (ex Forza Italia, ex Udc, ciellini), basta non chiamarlo Partito della nazione, perché altrimenti il (ri)candidato sindaco di Torino si innervosisce. «Non so cosa sia il Partito della Nazione, mi pare una figura giornalistica che non vedo nella politica italiana, e in ogni caso non esiste a Torino dove invece esiste una coalizione di centrosinistra fatta dal Pd, dalla lista dei Moderati, dalla sinistra e della società civile». Ecco, il partito della nazione in bagna càuda si fa ma non si dice, perché Fassino teme di scoprire il fianco a sinistra e perdere voti nell’elettorato più radicale, che a votare insieme ad alfaniani, ex forzisti e Udc proprio non ce la fa.Le manovre sono iniziate con dovuto anticipo e discrezione rispetto alle elezioni di primavera, ma con l’avvicinarsi del voto i nuovi e finora insospettati amici del Pd iniziano a uscire allo scoperto, per marcare il territorio. Due nomi storici del centrodestra cittadino si sono apertamente schierati con l’ex segretario dei Ds, coprendolo di complimenti.

Parliamo di Enzo Ghigo, una vita a fianco di Berlusconi prima in Publitalia e poi in Forza Italia, due volte governatore del Piemonte col centrodestra, due volte parlamentare con Fi e Pdl, ex coordinatore regionale del partito berlusconiano. E poi Michele Vietti, già casiniano di ferro nell’Udc e fino al 2014 vicepresidente del Csm. Per l’ex berlusconiano Ghigo, che ora si presenta come un libero cittadino senza casacche di partito, Fassino è nientemeno che «il miglior candidato possibile per Torino», mentre per l’ex udc Vietti, Fassino è «una persona seria, affidabile, che sa fare il mestiere di sindaco».

Messaggi chiari da navigati uomini politici, che non si espongono così per niente. Anche se Fassino nega, l’operazione Partito della nazione in salsa torinese, discussa direttamente con Renzi in un faccia a faccia alla Reggia di Venaria a fine 2015, è in corso e ha due sponde, una a sinistra e l’altra, appunto, a destra. Partiamo da quest’ultima. Per drenare consensi nell’elettorato moderato Fassino punta su due liste collegate al Pd. Una è quella, appunto, dei Moderati di Giacomo Portas, deputato eletto come indipendente nelle liste del Pd e capo di quel partito, radicato in Piemonte, che è riuscito a eleggere consiglieri in vari comuni e anche in Regione.

Alle ultime amministrative a Torino ha preso il 9%, e con i suoi sei consiglieri appoggia per l’appunto la giunta Fassino. Ma non è solo nella lista di Portas che sbarcheranno i nuovi fassiniani di destra. I rumors torinesi parlano di una seconda lista di «centrosinistra-destra», guidata dal consigliere regionale chiampariniano Mario Giaccone, presidente dell’Ordine dei farmacisti di Torino, in cui entreranno candidati civici ma soprattutto transiteranno gli ex berlusconiani ed ex centrodestra che non potrebbero presentarsi direttamente nelle liste di sinistra per ovvi motivi di opportunità. E cioè appunto i neofassiniani Ghigo e Vietti. L’auto-regia dell’operazione sarebbe del cuneese Enrico Costa, viceministro alla Giustizia del governo Renzi, anche lui ex Forza Italia passato con Ncd di cui è coordinatore regionale. Tutto poi approvato e benedetto da Angelino Alfano. Vietti e Ghigo, sospettano le malelingue torinesi, punterebbero anche a una nuova poltrona di prestigio dopo quelle ricoperte nei loro anni d’oro. In primis quella che si renderà disponibile nel 2017, con la scadenza dei vertici di Cassa di Risparmio di Torino, potente fondazione bancaria azionista di Unicredit. Un posticino che fa gola a molti e che, se vince Fassino, andrà agli amici del Pd. In rinforzo, sempre da centrodestra, arriveranno anche i ciellini.

L’operazione è affidata al giovane Silvio Magliano, vicepresidente del consiglio comunale in quota Ncd, descritto dal giornale on line Formiche come «l’erede politico di un storico discepolo di Giussani, Giampiero Leo». Magliano porterebbe in dote il mondo Cl e Compagnia delle opere, transitando per la suddetta lista dei Moderati di Portas. Mentre ufficialmente Ncd, che da quelle parti ha come uomo forte (anche economicamente) l’ex eurodeputato e imprenditore del settore autostrade e banche Vito Bonsignore, in passato grande avversario di Fassino ora anche lui convertito, avrà un suo candidato (scalpita Roberto Rosso, sempre ex Pdl) per poi entrare in maggioranza dopo il voto, a braccetto col Pd come a livello nazionale.

Per Fassino e il suo Pd in versione Partito della nazione le liste moderate servono per raccogliere voti a destra e contrastare la coalizione Fi, Lega e Fdi, che ancora non ha sciolto le riserve sul suo candidato (in pole c’è Osvaldo Napoli, che sui successi vantati dal Pd a Torino ha da fare una precisazione: «Il miglioramento della città si deve agli oltre 2 miliardi di euro fatti arrivare dal governo Berlusconi a Torino nel 2006, per le Olimpiadi»).

Ma Fassino lavora sull’ala moderata anche per arginare il pericolo M5S, che a Torino presenta una candidata molto più accreditata, rispetto alla media grillina, negli ambienti della borghesia industriale e dei salotti e dunque con un potenziale appeal anche sull’elettorato moderato. Chiara Appendino, bocconiana, famiglia di imprenditori ben inseriti nella Confindustria piemontese, agguerrita consigliera comunale torinese M5S, personalità più tranquillizzante

per gli elettori borghesi sotto la Mole, non però per Fassino, memore anche della sua tragica profezia, quando disse «Grillo fondi un partito e vediamo quanti voti prende». Ci manca che prenda un abbaglio anche col M5S a Torino, dove c’è rischio di un ballottaggio, dunque è meglio prevenire.

Poi naturalmente, nell’armata Brancaleone a sostegno del sindaco, c’è posto anche per la sinistra-sinistra, perché qui l’altro rischio è rappresentato dal vendoliano Giorgio Airaudo, quota Fiom-Cgil, che si presenterà con una sua lista alternativa al Pd fassiniano. Per evitare un disastro come quello della Liguria, dove la spaccatura a sinistra del Pd è costata la sconfitta, Fassino ha incaricato il suo assessore al Bilancio Gianguido Passoni, tributarista con un passato da capogruppo dei Comunisti italiani, di affiancarlo con una lista piena di nostalgici della sinistra pre-renziana, per sterilizzare la candidatura di Sel e Sinistra italiana (gli ex Pd). Tutti dentro, da Udc a ex berlusconiani a ciellini ed ex comunisti. Manca solo una cosa: rendere simpatico e popolare Fassino. Operazione molto ardua provata dal suo staff di comunicazione a dicembre.

L’hanno travestito da Babbo Natale, col cappello rosso e bianco,

in totale stridore con la sua tipica espressione funeraria ed emaciata («il patito della nazione» lo sfotte il giornale web Lo Spiffero). Invece di suscitare l’empatia sperata, le foto hanno soltanto fatto ridere il web.

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