Virginia Raggi ribalta le norme canoniche. Se la procedura classica prevede, dopo il riconoscimento del martirio, la beatificazione ed eventualmente la canonizzazione, per il Fatto Quotidiano Santa Virginia fa l'opposto: santa già lo era, ora però è anche martire.
Il caso del refuso sulla targa per Carlo Azeglio Ciampi ha scatenato l'ilarità generale. Ma è ancor più da ridere la memoria difensiva stilata dal megafono grillino, il giornale di Marco Travaglio, che improvvisa un'arringa davvero fuori luogo.
La difesa si basa su due filoni.
Il primo, facile, secondo il quale la sindaca, in ben altre faccende affaccendata, non possa aver preso coscienza dell'errore se non di fronte al fatto compiuto, cioè al momento dell'inaugurazione della piazza col Presidente Sergio Mattarella di fianco. Ma se così fosse, e certamente così è, chi guida un'amministrazione è comunque chiamato a rispondere di ciò che fanno gli uffici, senza sconti.
Il secondo è tutto da gustare. Scrive il Fatto: "lo stesso strafalcione molti anni fa l'ha fatto pure il Quirinale. Non l'ha inciso nel marmo, come quei geniacci del Comune di Roma, ma l'ha messo nero su bianco in un documento che si può ancora leggere nell'archivio della presidenza della Repubblica. Correva l'anno 1989, Ciampi era governatore della Banca d'Italia e fu ricevuto in udienza da Francesco Cossiga. Così si legge tra gli impegni del fu 'picconatore': 'Lunedì 23 gennaio 1989, ore 11: Dott. Carlo Azelio Ciampi, Governatore della Banca d'Italia'".
Ora, sfidiamo chiunque a trovare un modo più fantasioso per provare a dimostrare che un refuso, peraltro emendabile in 3 minuti, su di una agenda di appuntamenti e riguardante un'alta carica istituzionale (il n.1 della Banca d'Italia) sia equiparabile all'incisione sbagliata su una targa in marmo di un Presidente della Repubblica Italiana, passata di mano in mano almeno 10 volte.
In chiusura, il Fatto passa in rassegna tutti i quotidiani che, in modo bipartisan, hanno attaccato (o sarebbe meglio dire sparato sulla Croce Rossa) la Raggi facendo campagna elettorale.
Che shock! I giornali, e gli altri partiti politici, che sottolineano una gaffe galattica di un sindaco a pochi mesi dalle elezioni!
Cose da far inorridire un quotidiano come quello di Travaglio, diventato noto al pubblico proprio per le sue campagne mediatiche martellanti e mai disinteressate.
Il punto è che, con buona pace dei grillini, gli strafalcioni di Virginia Raggi sono un fatto politico. Per una ragione molto semplice.
Oltre ad essere recidiva (ricordate la foto dell'Arena di Nimes al posto del Colosseo nel video di presentazione della Ryder Cup 2023? O i post social in cui moltiplicava gli autobus? O le proteste contro il Governatore Zingaretti per l'inefficienza del piano rifiuti mosse davanti alla discarica sbagliata? O gli interventi di pulizia dei tombini con Photoshop diffusi dai suoi consiglieri?) la catena di comando della sindaca si conferma sciatta tanto quanto quelle delle amministrazioni precedenti (anzi, forse di più), che non mancava di attaccare in modo strumentale ogni giorno proprio per la loro (presunta) inefficienza.
Se per la politica tradizionale gli errori contano (giustamente), per la fazione politica che avrebbe dovuto apportare un cambiamento, e invece peggiora le cose, gli errori contano il doppio.
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