Il dibattito sullo ius scholae resta vivo. Complice la grande platea del Meeting e la presenza di figure politiche e istituzionali, il confronto sulla cittadinanza si alimenta e si arricchisce di pareri e proposte. Se Antonio Tajani ha acceso la scintilla, gli alleati restano fermi nel ribadire il loro no a una revisione della normativa, sottolineando la leadership italiana in termini di concessione di nuove cittadinanze.
A Rimini a far scattare nuovamente il semaforo rosso ci pensa il co-presidente del gruppo Ecr Nicola Procaccini. «Il Parlamento è impegnato nella realizzazione di un programma elettorale approvato dai cittadini. Una legge sulla cittadinanza c'è già». Procaccini, però, pensa a una modifica non solo formale del momento finale del processo di acquisizione del nuovo documento, una cerimonia che possa creare coinvolgimento emotivo e senso di appartenenza. «Mi piacerebbe fosse meglio definito il momento in cui la cittadinanza viene attribuita. Ho fatto a lungo il sindaco e posso dire che in Italia è un momento freddo, terribilmente burocratico» racconta l'europarlamentare. «Il momento in cui un cittadino che ha compiuto 18 anni, sceglie di acquisire la cittadinanza italiana e si reca in Comune va maggiormente solennizzato. È un momento importante per colui che acquisisce la cittadinanza ma anche per la comunità italiana. Io credo molto nella frase di Renan secondo cui l'appartenenza nazionale è una scelta quotidiana, un plebiscito quotidiano, un atto di volontà, non solamente qualcosa che discende automaticamente. Quindi qualora dovesse essere messa mano alla legge sulla cittadinanza mi piacerebbe che venisse meglio solennizzato quel momento».
Se Procaccini chiude la porta, Maurizio Gasparri appoggia la proposta Tajani, aggiungendo però una proposta: un test di verifica della conoscenza della lingua e delle tradizioni italiane, sul modello del Life in The Uk britannico, progettato per valutare la conoscenza della storia, della cultura, della società e dell'ordinamento giuridico del Regno Unito: «Si parla di ragazzi che, avendo iniziato la scuola a 6 anni avrebbero almeno 16 anni al momento del decimo anno di studi» spiega il presidente dei senatori azzurri. «Questi ragazzi potrebbero chiedere la cittadinanza a 18 anni. Quindi nessuna rivoluzione, semmai si potrebbe dar luogo a una verifica sulla padronanza della lingua e sulla conoscenza dei principi di diritto e costituzionali fondamentali. Era quello a cui si riferiva il presidente Berlusconi quando giustamente criticava chi accetta la sottomissione di donne o minori o altre follie». Massimiliano Salini, europarlamentare di Forza Italia, ritiene che «bisogna rischiare per una proposta oggi coerente con le esigenze del Paese». Maurizio Lupi, invece, pur dicendosi favorevole allo ius scholae, invita il centrodestra a individuare prima una posizione condivisa. Fermamente contrario Roberto Vannnacci che scolpisce il suo no parlando con Qn. «Lo ius scholae? Non esiste in altri Paesi europei. Peraltro, visto che ho studiato in Francia dovrei anche io essere cittadino francese».
In serata è Matteo Salvini a ribadire il suo pensiero e il suo allo ius scholae. «Mi sto messaggiando con Meloni anche nelle ultime ore, il momento è complicato, il nostro obiettivo sono stipendi e pensioni.
Star lì a litigare su ius soli o cittadinanza non è utile a nessuno, andiamo avanti con le nostre idee non con quelle degli altri. Per me ogni polemica è chiusa e il governo va avanti fino al 2027, nessuno riuscirà a dividere il centrodestra, sarebbe delittuoso far vincere il centrosinistra».
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