Fermato reclutatore dell'Isis: cercava martiri nel Nord Italia

Macedone preso vicino a Pordenone: aveva il biglietto per la Serbia. I suoi uomini li «affidava» all'imam Bilal

Fermato reclutatore dell'Isis: cercava martiri nel Nord Italia

Aveva già comprato il biglietto per l'autobus ed era pronto a scappare prima in Serbia, poi in Germania ma Veapi Ajhan, 37 anni, macedone, non ne ha avuto il tempo. I carabinieri del Ros sono andati a prenderlo ieri alle prime luci dell'alba nella sua residenza a Tiezzo di Azzano Decimo, in provincia di Pordenone, per poi portarlo a Mestre nel Veneziano, dove è scattato il fermo. Veapi era l'anello mancante di un'indagine cominciata nel 2013. Il macedone reclutava aspiranti terroristi in tutto il Nord Italia per poi affidarli all'imam bosniaco Bosnic Husein Bilal, già ben noto alle forze dell'ordine e alla stampa per essere tra i maggiori esponenti della AIO MP (Aktivna Islamska Omladina Middle Path), l'organizzazione che si prefigge di costruire uno Stato Islamico nei Balcani. Bosnic attualmente è detenuto in Bosnia, dove sta scontando nove anni di reclusione, con l'accusa di terrorismo internazionale e instradamento di combattenti jihadisti, i foreign fighters. Veapi invece è indagato per arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale. Il fermo nei suoi confronti è stato disposto dalla Procura di Venezia. Secondo gli inquirenti, Veapi è considerato il reclutatore per eccellenza dell' imam Bosnic, una sorta di «ambasciatore». Il suo scopo era scovare aspiranti mujaheddin in tutto il Nordest e convincerli non solo a sposare la causa islamista, ma anche a recarsi all'estero per combattere. Era l'imam stesso poi, attivo in un centro di preghiera di Belluno nel 2013, che si occupava di organizzare l'espatrio dei nuovi combattenti verso le zone di guerra. Tre i casi finora accertati, ma i carabinieri del Ros stanno indagando su altri possibili foreign fighters che potrebbero essere stati ingaggiati e arruolati nelle fila dell'Isis. Tra i tre si ricorda Ismar Mesinovic partito dall'Italia, insieme al figlioletto di due anni, il 15 dicembre 2013 e il pachistano Umar Baig. Mesinovic padre e Umar Baig sono deceduti in Siria. Il primo nel gennaio 2014, come riporta un articolo pubblicato sul quotidiano bosniaco Dnevni Avaz e il secondo nel dicembre 2013. Per la guerra in Siria anche un altro macedone è partito e attualmente è impegnato nelle fila dei combattimenti per lo Stato Islamico. Grazie alla partenza di Mesinovic dall'Italia, però, i carabinieri del Ros e l'Arma Territoriale di Belluno erano arrivati a individuare un altro soggetto interessante. Un magrebino di 27 anni, nato a Casablanca, che viveva nel Bellunese, Anass Jaffar, considerato responsabile dell'indottrinamento di Mesinovic e ritenuto un predicatore mediatico. Jaffar aveva pubblicato alcuni commenti su Facebook inneggianti alla Jihad, la guerra santa contro gli infedeli. Sul magrebino pende un provvedimento di espulsione, non ancora eseguito, perché quando questo è stato emesso Jaffar aveva già pensato di rientrare in Marocco dove tutt'ora si trova. Una foto sui social, del 30 novembre scorso, lo ritrae proprio lì in compagnia di amici.

Tuttavia dopo il nulla osta dato dalla Procura al provvedimento di espulsione, si ritiene che non vi siano elementi per procedere nei suoi confronti. Nel giro di questa operazione rientra anche Arslan Osmanoski, macedone di 30 anni, espulso il 21 maggio scorso. Anche lui, collegato a quello che era l'anello mancante di tutta la catena: Veapi Ajhan.

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