Riavvolgendo il nastro delle promesse non mantenute sul ritorno in Italia di Chico Forti, è inevitabile partire dalla sera del 23 dicembre del 2020. La data della beffa più clamorosa nei confronti del nostro connazionale detenuto negli Stati Uniti dal 2000. Parliamo di un annuncio che, a rivederlo oggi, sembra surreale. Perché l'allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio comunicò il rimpatrio di Forti con la stessa leggerezza con cui, due anni prima, diede notizia dell'avvenuta abolizione della povertà dal balcone di Palazzo Chigi. Ecco la scena madre. C'è Di Maio, impeccabile in abito e cravatta scuri, che parla dal suo ufficio alla Farnesina. Il ministro si esprime con la gravità delle occasioni solenni. «È stato difficile trattenere l'emozione per la liberazione di Chico Forti», esordisce. Poi si auto elogia per il suo lavoro diplomatico con l'allora segretario di Stato americano Mike Pompeo: «L'ho incontrato appena arrivato alla Farnesina e se n'è occupato dal primo giorno». Poco prima un post su Facebook: «Ho una bellissima notizia da darvi: Chico Forti tornerà in Italia». «Un risultato estremamente importante», raggiunto «grazie a un lungo e paziente lavoro diplomatico». E ancora, la beffa: «Non ci siamo mai dimenticati di Chico Forti». Segue Giuseppe Conte, al tempo premier giallorosso: «Il prossimo ritorno in Italia di Chico Forti è davvero una bella notizia». I deputati del Pd festeggiano: «Un gran bel regalo di Natale, il frutto di un gran lavoro di diplomazia». L'allora presidente della Camera Roberto Fico si complimenta con Di Maio e Conte: «Era da vent'anni che tutti aspettavamo questo momento».
Fine della scena. Ritorno alla realtà. Passano i giorni, i mesi, gli anni e Chico non torna in Italia. La famiglia, illusa, protesta. «Perché chi aveva promesso non ha mantenuto la parola data?», si sfoga lo zio di Forti, Gianni. I documenti per l'estradizione non arrivano. Nel frattempo cambia il governo. C'è Mario Draghi. Il ministro della giustizia Marta Cartabia assicura: «Solleciteremo, con vigore, in tutte le sedi opportune l'estradizione in Italia». Di Maio nel 2022 insiste: «Faremo di tutto per far tornare Chico Forti in Italia». Nulla si muove.
Così come non si sblocca niente nel 2015. «Ne ho parlato con Obama, l'Italia chiederà con forza la revisione del processo», spiega a Porta a Porta l'allora premier Matteo Renzi.
Ancora indietro nel tempo, nel 2014 il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, sempre del Pd, «consegna un promemoria
specifico al Segretario di Stato John Kerry». Anche Enrico Letta, nel 2013, da premier, dice in una conferenza stampa da Washington di «aver consegnato una memoria» e promette: «Seguiremo la vicenda». Ma solo ora è arrivata la svolta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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