Fillon si aggrappa alla piazza. Ma oggi è il giorno del giudizio

Grande folla a Parigi per il candidato repubblicano. Tra scandali e sondaggi, il suo partito lo vuole silurare. Si allunga l'ombra di Alain Juppé

Fillon si aggrappa alla piazza. Ma oggi è il giorno del giudizio

Le ultime ore da candidato o quelle del rilancio? Ieri la risposta è arrivata dalla piazza, con François Fillon sul palco per spiegare le ragioni di un'insistenza che pare sconfessata dai sondaggi. «Pensano che io sia solo, ma lo siamo?», chiede alle migliaia di sostenitori che hanno raggiunto la manifestazione convocata al Trocadero, davanti alla Tour Eiffel, ieri pomeriggio. Duecentomila persone secondo gli organizzatori, la prefettura si astiene dai numeri. «Essere fieri della Francia e di essere francesi». Ecco perché siamo qui, insiste il candidato ufficiale dei Républicains.

Devastato politicamente da abbandoni in massa, ha ottenuto il sostegno della moglie Penelope dopo 40 giorni silenzio: «Vai avanti», ha detto ieri prima di raggiungerlo sul palco. La piazza di Parigi lo ha confortato: «Fillon, resisti! La Francia ha bisogno di te». «Devo ascoltare questa folla immensa che mi spinge ad andare avanti», ribadisce a più riprese. Ma nel suo discorso non dice esplicitamente che continuerà fino alla fine, frase-ritornello di ogni comizio dal 25 gennaio, quando Le Canard Enchaîné ha rivelato i presunti incarichi fittizi della moglie come assistente parlamentare e di due dei suoi figli. Restano le scuse, per la cattiva comunicazione sul Penelope-gate definita «approssimativa», e il ritorno al programma, trascurato negli ultimi giorni per difendersi dalle accuse. Si scaglia contro il «totalitarismo islamista», cita frasi del suo libro che gli hanno fatto vincere le primarie contro ogni sondaggio. «Tolosa, Charlie, l'hyper Casher, Nizza, il Bataclan». Eventi su cui François Hollande ha mostrato tutta la sua fragilità: sul tema sicurezza «il nostro Paese non è stato governato», dice.

Parla soprattutto delle «diserzioni senza vergogna», invitando «i dirigenti della destra e del centro a fare un esame di coscienza, perché io ho fatto il mio». La «caccia all'uomo per impedirmi di svolgere correttamente la campagna presidenziale deve finire». Migliaia di bandiere bleu blanc rouge sventolano davanti a lui, eppure su Twitter un ex fillonista, sostenitore di Alain Juppé, scrive «Triste fine di campagna». Prematuro dirlo, visto che la base sembra aver risposto alla chiamata.

Mentre Fillon si godeva il bagno di folla al Trocadero, a Place de la République andava in scena la contro manifestazione in sostegno della giustizia, un rassemblement di fatto anti-Fillon. Centinaia di persone con pentole e slogan per lo «Stop alla corruzione». Ma senza i Républicains. Ce n'erano, invece, nella piazza di Fillon. L'assenza voluta di bandiere del partito ha lasciato spazio ai volti: da Luc Chatel al sarkozista François Baroin, che in una fase incerta per definire le sorti del candidato spera in un passe-partout che potrebbe valergli la premiership in caso di vittoria di Fillon, o almeno un quieto vivere fino alla resa dei conti.

Il ticket Fillon-Baroin era l'ipotesi ventilata da Sarkozy prima del piano B, che oggi vorrebbe Juppé candidato al suo posto grazie a sondaggi favorevoli: supererebbe il primo turno col 24,5%, Fillon sarebbe solo terzo col 17%. L'ufficio politico dei Républicains si riunisce oggi per «valutare la situazione». La contro-candidatura Juppé resta all'ordine del giorno.

Il sindaco di Bordeaux ieri ha avuto un lungo colloquio con Nicolas Sarkozy (entrambi sono stati sconfitti da Fillon alle primarie) per studiare un'uscita di scena «dignitosa» del leader che non vuole mollare. Solo lui può dire basta. Lui ha le chiavi delle casse del partito, consegnate da 4,5 milioni di voti, e da ieri ha anche la piazza. Piena.

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