Sono arrivate le scuse, anche se piuttosto timide, non le dimissioni. Dopo l'inchiesta del Giornale sul passato da «odiatore» sui social del ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti, e le richieste di passi indietro da parte di forze politiche e tantissimi cittadini indignati, l'esponente grillino del governo giallorosso ha deciso di andare avanti comunque. Non si dimette, ha annunciato, denunciando violazioni della privacy che sarebbero state compiute da altri nostri colleghi nei confronti del figlio, per la vicenda della decisione di non far fare al bambino il test di italiano nella scuola internazionale che frequenta a Roma. Il M5s ha preferito tacere sugli insulti su Facebook di Fioramonti.
E per il partito dell'onestà, la pratica di scansare le dimissioni per chi è coinvolto in polemiche, scandali o vicende giudiziarie è diventata quasi un'abitudine. Dimenticatevi i post e i comizi fiammeggianti di Beppe Grillo quando chiedeva la rimozione dagli incarichi pubblici per gli avversari politici ogni due per tre. L'ex sindaco di Roma Ignazio Marino, secondo il comico e i Cinque Stelle romani tra cui Virginia Raggi, sarebbe dovuto andare a casa già qualche mese prima rispetto all'esplosione dell'inchiesta sugli scontrini, da cui poi Marino è stato prosciolto. Il motivo? «I topi e la spazzatura» che imperversavano nella Capitale. Adesso, le due problematiche in città sono immutate, anzi peggiorate. Ma la sindaca Raggi non si è dimessa nemmeno dopo le vicende giudiziarie che hanno coinvolto lei e alcuni suoi fedelissimi in Campidoglio. C'è di più, Grillo a inizio gennaio 2017 ha varato un nuovo Codice Etico del Movimento in cui non è più previsto che a un semplice avviso di garanzia corrisponda l'obbligo delle dimissioni per gli eletti del M5s. Il 24 gennaio dello stesso anno, la Raggi è stata colpita da un avviso di garanzia per la nomina di Renato Marra a capo del Dipartimento turismo del Comune di Roma.
A Torino l'abitudine è identica. Chiara Appendino, indagata per la calca di Piazza San Carlo del 3 giugno 2017 in cui persero la vita due persone e ci furono più di 1600 feriti, non si è mai dimessa. Nonostante abbia minacciato lei stessa di farlo dopo l'ultima polemica sul Salone dell'Auto traslocato a Milano. La sindaca del capoluogo piemontese è sempre più o meno salda al suo posto. Ci sono stati poi gli audio di Rocco Casalino, portavoce del premier Giuseppe Conte. In uno Casalino minacciava ritorsioni per i tecnici del Mef, nell'altro si lamentava per le vacanze di Ferragosto compromesse a causa del crollo del Ponte Morandi di Genova. Anche in quel caso non è bastato il coro di sdegno. Casalino è ancora a Palazzo Chigi. Il discorso cambia poco per quanto riguarda la vicenda del concorso a cui partecipava il premier Conte per una cattedra alla Sapienza di Roma. Qualcuno si azzardò a chiederne le dimissioni. A lui è bastato fare un video in cui annunciava il suo ritiro dalla selezione per non traslocare da Chigi. Danilo Toninelli, ministro che sfornava una gaffe al giorno, è stato difeso strenuamente dai vertici del M5s, che però poi non lo hanno riconfermato nella squadra giallorossa.
E la deputata Giulia Sarti? Coinvolta nel caso dei mancati rimborsi, aveva incolpato il fidanzato per i bonifici non effettuati. Archiviato il compagno, Di Maio aveva parlato di «espulsione doverosa». Ma la Sarti, per il momento, fa ancora parte del M5s.
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