Fiori gialli, dischi e lacrime. Il tour d'addio alla diva Raffa

Corteo a tappe partito da casa sua fino al Campidoglio per la camera ardente. Folla di vip e persone comuni

Fiori gialli, dischi e lacrime. Il tour d'addio alla diva Raffa

Appuntamento sotto casa. Ci sono 36 gradi all'ombra (e si sentono) a via Nemea 19, zona Villa Stelluti, dove abitava Raffaella Carrà. Di lì, alle 16, parte il corteo itinerante per i luoghi che hanno fatto la storia della televisione italiana, la storia di Raffa. Non era di Roma, ma era stata adottata dai romani e si percepisce. Attorno tanta gente con i fiori gialli, il colore che amava, con le copertine di qualche 45 giri firmato, con i cartelli, con le lacrime.

C'è Michele Cucuzza, Barbara Boncompagni e due troupe televisive spagnole per rendere omaggio a una stella condivisa, la migliore di tutte, «Anche delle sorelle Baccarà!» (che in Spagna sono un'istituzione danzereccia potentissima).

C'è voglia di parlare di lei per raccontare di noi. «Si è data tutto senza risparmiarsi, mi ha insegnato a vivere, mi ha tenuto compagnia il sabato sera, al punto che non mi andava mai di uscire e mia madre si preoccupava», dice Elena che ha 62 anni. Altri tempi in cui alla tv era demandato il compito di far divertire educando gli italiani, possibilmente senza fare scandali (come si diceva una volta) e senza troppo dilungarsi. Detto ciò, il grosso dei presenti è cresciuto con i pugnaci mix di Bob Sinclair e quasi si sorprende a vedere vecchie foto di una volta e a scoprire che - oltre a brava e simpatica - all'inizio era anche meno bionda e molto bella. Ovvio, ed è un peccato, che ci si ricordi più della Raffaella conduttrice di «Carramba che sorpresa» o di «Pronto Raffaella?» che della showgirl che balla il «Tuca Tuca» con Sordi o canta «Din Don Dan» a «Milleluci». A rinverdire questa indispensabile prima parte del mito ci penseranno le teche, perché la Carrà è sempre stata la Carrà.

Sono le 16 e il feretro lascia il lussuoso condominio per dirigersi verso l'auditorium del Foro italico dove c'è Milly Carlucci. «Raffaella? La donna del sorriso in qualunque situazione, unica, irripetibile». Si prosegue verso gli studi Rai di via Teulada dove un rumoroso serpentone di auto e motorini al seguito causa qualche problema di viabilità. Ad aspettare ci sono Bruno Vespa e Giancarlo Magalli, uno degli storici autori. La vettura fa un paio di giri nel cortile del centro di produzione sulle note di «E salutala per me» mentre i dipendenti Rai e i romani poco fuori salutano dai balconi assolati. «Per carità, ha avuto sempre bravi autori a disposizione, compreso Gianni Boncompagni, ma ciò non toglie che abbia saputo rinnovarsi che è poi il segreto per mantenere il successo - dice commosso Vespa -. Ha convissuto con gli opposti, una volta sexy e l'altra seriosa e affettuosa, le doti più interessanti in una donna. E poi mai una battuta fuori posto, sempre sorridente e composta nei modi». «Un'umiltà in una persona della sua altezza è davvero una cosa rara, non se l'è mai tirata ed è sempre stato il suo bello», aggiunge Magalli.

Il viaggio continua in direzione del teatro delle Vittorie dove la Carrà registrò «Milleluci» nel 1974 e due edizioni di «Canzonissima» nel 1969 e 1970, oltre all'ultimo show «A raccontare comincia tu». Nel frattempo un provatissimo Sergio Japino saluta dal finestrino del carro funebre la folla che si raccoglie, impedendo di fatto il proseguimento. Fuori c'è Flavio Insinna che quasi non riesce a parlare dall'emozione. «Siamo qui per ringraziarla per quello che ha fatto per noi, ci ha fatto ballare con Rumore e se ne è andata senza fare rumore, un talento straordinario e un'infinita dolcezza. La cosa bella è che è sempre stata percepita come una di noi, una di famiglia, e per questo ora che non c'è più ci manca tremendamente. Raffaella Carrà ha reso il mondo migliore e più leggero».

Tappa successiva viale Mazzini, dove stanno i «capoccioni», come li chiamava lei. Apre l'ad della Rai Fabrizio Salini: «Ha parlato a intere generazioni, ha rivoluzionato la tv e il linguaggio, occorre aggiungere altro?». Stefano Coletta, il direttore di Rai 1 la conosce bene: «Non viveva di ideologie ma viveva gioiosamente di pancia», la sua libertà è stata la sua forza».

Sono passate da poco le 17,30 e il feretro arriva in Campidoglio per la camera ardente, l'ultima meta.

Rimarrà qui fino a venerdì mattina quando, alle 12, sarà celebrato il funerale nella chiesa di Santa Maria in Ara Coeli. Ci sarà una grande Roma, inevitabilmente poco distanziata ma molto innamorata.

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