Firme false M5s a Palermo "Processo per tre deputati"

Quattordici richieste di rinvio a giudizio per attivisti che gridano alla congiura: «Vogliono levarci di mezzo»

Firme false M5s a Palermo "Processo per tre deputati"

Quattordici richieste di rinvio a giudizio per attivisti e parlamentari del M5s, che secondo la procura di Palermo avrebbero falsificato 1.400 firme per consentire ai candidati grillini di partecipare alle Comunali del 2012. La notte del 3 aprile di cinque anni fa un gruppo di attivisti capeggiati dall'allora candidato sindaco di Palermo Riccardo Nuti, oggi deputato, avrebbe giocato sporco. Le sottoscrizioni erano inutilizzabili a causa di un errore formale. Il luogo di nascita di Giuseppe Ippolito, pretendente a una poltrona in consiglio comunale, era sbagliato, e il tempo stringeva.

L'idea di ricopiare le firme dopo aver corretto lo sbaglio, secondo le dichiarazioni rese da Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio, entrambi deputati all'assemblea regionale, venne allo stesso Nuti, per rimediare al pasticcio. L'inchiesta ha sullo sfondo la guerra tra bande scoppiata all'interno del M5s a Palermo. Da una parte ci sono gli attivisti e gli onorevoli che fanno riferimento a Nuti. Dall'altra l'aspirante primo cittadino Ugo Forello.

I capi d'imputazione sono due. I pm accusano 11 persone di aver ricopiato materialmente le firme e altre due di aver dichiarato il falso. Tra i presunti falsari, oltre a La Rocca e Ciaccio, che si sono autosospesi dal movimento, ci sono due parlamentari nazionali, Giulia Di Vita e Claudia Mannino, e gli attivisti Samanta Busalacchi, Alice Pantaleone, Stefano Paradiso, Riccardo Ricciardi, Tony Ferrara, Giuseppe Ippolito e Pietro Salvino, marito della Mannino. Ricciardi è invece sposato con la deputata Loredana Lupo, che non è coinvolta nel caso.

Tutti insieme si sarebbero seduti attorno a un tavolo per ricopiare le firme a sostegno della lista a 5 Stelle. Non ci sono prove per accusare di contraffazione Nuti. All'ex capogruppo dei grillini alla Camera si imputa però di aver beneficiato dello stratagemma architettato nel meetup palermitano di via Sampolo. La procura ha chiesto il processo anche per Giovanni Scarpello, il cancelliere del tribunale che attestò l'autenticità delle firme, e per Francesco Menallo, avvocato ed ex attivista pentastellato che consegnò i moduli al pubblico ufficiale perché ne certificasse la validità.

Di Vita, Mannino e Nuti, lo scorso novembre, furono sospesi dal comitato dei probiviri del movimento dopo essersi rifiutati non soltanto di rispondere alle domande dei pm ma anche di rilasciare un campione della propria calligrafia. I tre deputati hanno accettato di rispondere ai magistrati solo il mese scorso dichiarandosi vittime di una macchinazione. Una trama ordita, secondo il gruppo di Nuti, dall'attuale candidato sindaco del movimento Ugo Forello.

L'accusa era stata formulata già lo scorso dicembre, in un esposto presentato sia in procura che all'ordine degli avvocati di Palermo da Nuti, La Rocca e Mannino assieme alle colleghe Loredana Lupo e Chiara Di Benedetto.

I tre deputati hanno rilanciato la tesi del complotto in un

comunicato congiunto pubblicato ieri pomeriggio: «Ci è chiaro il tentativo di levarci di mezzo per avere campo libero, attraverso una montatura ben organizzata che i magistrati avranno modo di smascherare nel processo penale».

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