Non è stato un fatto episodico e non è stato improvviso ma quanto successo l'altra notte ad Amsterdam è figlio di un odio potente e con tante sfaccettature che nasce da lontano ed è esploso nella due giorni olandese. Storie di tifoserie organizzate, estremisti, alleanze, provocazioni e intolleranze. Quanto di peggio su potrebbe mischiare.
Se la notte di giovedì è andata in scena una vera e propria caccia all'uomo, già mercoledì, alla vigilia della partita tra Ajax e Maccabi, si era capito che di normale ci sarebbe stato poco. I gruppi pro-Palestina avevano chiesto di poter manifestare contro la presenza della squadra israeliana ma la sindaca Femke Halsema aveva negato l'autorizzazione. Non è bastato. Sui social circolano parecchi video, tra cui quello in cui un gruppo di ultras del Maccabi strappa una bandiera palestinese appesa alla facciata di un palazzo, gridando «Fanc... Palestina», con alcuni momenti di tensioni con attivisti pro-Gaza in città. Anche in metropolitana, dove i tifosi israeliani hanno scandito cori contro gli arabi e contro la Palestina. Solo un antipasto. All'avvio della gara valida per l'Europa League, gli ultras del Maccabi non hanno rispettato il minuto di silenzio per le vittime dell'alluvione di Valencia, iniziando a scandire cori e slogan inaccettabili. Tra gli altri, si è udito chiaramente urlare «Non ci sono più scuole a Gaza perché non ci sono più bambini a Gaza», oltre a vari e ripetuti «morte agli arabi», contribuendo non poco ad alzare ancora un livello della tensione già altissimo, in cui odio e antisemitismo sono al tempo stesso causa e pretesto. Poi le aggressioni, con gruppi pro-Pal, arabi ed estremisti assortiti, organizzati in gruppetti di 10-12 persone per rendere più efficaci i blitz, circondando tifosi isolati in giro per la città.
Nessuno si aspettava una tale portata di scontri, anche per il gemellaggio tra le frange più estreme delle due tifoserie che non faceva presagire nulla di tutto ciò. I «Maccabi fanatics», l'ala dura ed estremista del tifo del Maccabi e gli «Ultras Amsterdam», quelli dell'Ajax hanno infatti una sorta di accordo come capita spesso tra tifoserie, basato sulla forte presenza ebraica tra la tifoseria dell'Ajax, dato che le radici del club fondano proprio nell'ebraismo. Il Maccabi Tel Aviv, club più antico della città, è di fatto espressione del ceto borghese con una fortissima rivalità con l'altra squadra cittadina, l'Hapoel Tel Aviv, invece di origini proletarie e da sempre espressione della sinistra israeliana, con tanto di simboli comunisti esposti fieramente duramente le partite innescando scontri molto più politici che calcistici. Il Maccabi da sempre si professa discendente del condottiero Giuda Maccabeo ed è espressione della destra più estrema, con vicinanza al Likud del premier Benjamin Netanyahu. Gli ultras seguono la squadra in giro per l'Europa con calore e coreografie spesso spettacolari. E come detto, sono «alleati» dei sostenitori dell'Ajax, che da sempre abbracciano simboli ed identità ebraica, tanto da sventolare allo stadio bandiere israeliane come simbolo d'appartenenza. Ma come in ogni gruppo, specialmente tra tifoserie calde con strascichi violenti, infiltrazioni e provocazioni non mancano e spesso possono generare in guerriglia vera e propria. Basta poco ad accendere la miccia. E ad Amsterdam c'erano tutti gli ingredienti per il caos.
Tra le pieghe della guerriglia, emergono anche alcuni aspetti non secondari. Per esempio il ruolo di numerosi tassisti di Amsterdam, accusati di aver spalleggiato e favoriti le aggressioni della notte.
Secondo le accuse infatti, gli autisti di taxi avrebbero accompagnato e aiutato la fuga di chi ha compiuto la caccia all'uomo, rifiutando invece le richieste di aiuto da parte degli israeliani che cercavano di fuggire. Un episodio in più che rappresenta quanto la situazione ad Amsterdam sia sfuggita di mano e quanto poco centri con il calcio e lo sport.
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