È un Nobel, quello assegnato ieri ai fisici Pierre Agostini, Ferenc Krausz e Anne L'Huillier, che ci parla di luce, di velocità, di movimento, e di un mondo invisibile. Il premio per la Fisica è stato attribuito ai tre scienziati «per i metodi sperimentali che generano impulsi di luce ad attosecondi per lo studio della dinamiche degli elettroni nella materia». I loro esperimenti «hanno donato all'umanità nuovi strumenti per esplorare il mondo degli elettroni dentro gli atomi e le molecole - spiega l'Accademia - Hanno mostrato un modo per creare impulsi di luce brevissimi, che possono essere usati per misurare i processi rapidi in cui gli elettroni si muovono o mutano energia».
Che cosa siano gli «attosecondi» di L'Huillier (nata a Parigi, insegna all'università svedese di Lund), Agostini (francese nato a Tunisi e naturalizzato statunitense, lavora all'Ohio State University) e Krausz (ungherese di Mór, svolge la sua attività in Germania, al Max Planck Institute of Quantum Optics di Garching) ce lo spiega Guido Tonelli, fisico del Cern, che nelle sale del Nobel si è ritrovato nel 2013, quando Peter Higgs e François Englert furono premiati per la scoperta del bosone. La fisica delle particelle è il suo campo, infatti alla Materia ha appena dedicato il suo nuovo libro (Feltrinelli): «Immaginiamo il flash di un cellulare, col quale possiamo congelare un movimento anche al buio. È un impulso di luce breve, di 3-4 millisecondi, e un movimento umano, per quanto rapido, è almeno di 100 millisecondi: così possiamo studiare una goccia che cade, il battito delle ali di una farfalla, Marcell Jacobs che scatta... Questi scienziati hanno generato flash alla velocità di un attosecondo: atto significa diciotto, quindi dieci alla meno 18 o, detto altrimenti, un miliardesimo di miliardesimo di secondo». Insomma parliamo di un tempo molto, molto piccolo. «Sono riusciti a produrre per la prima volta impulsi così rapidi, che possiamo studiare fenomeni velocissimi che accadono in natura e che, prima, non avremmo potuto osservare con tanta precisione. Per esempio, i movimenti negli atomi e nelle molecole, anche biologiche, o le proteine, o le componenti chimiche, come i farmaci: il fatto è che le caratteristiche di queste molecole in certe reazioni dipendono proprio da come gli atomi si muovono e, ora, possiamo studiare questi movimenti nel dettaglio. Ma c'è di più: si possono studiare anche la formazione dei legami fra atomi e il moto degli elettroni negli atomi o fra atomi diversi».
Ieri, dopo aver saputo del premio, Ferenc Krausz ha rievocato la sua felicità nel 2001, quando per la prima volta ha capito che quelle ricerche nel mondo degli attosecondi avrebbero potuto permettere di osservare il movimento degli elettroni: «Un momento incredibile, che non dimenticherò mai». E, anche se la collega L'Huillier ha liquidato in modo sbrigativo la Fondazione Nobel - «Sono un po' indaffarata» ha detto, rispondendo al telefono nell'intervallo fra una lezione e l'altra - per tornare dai suoi studenti in aula, nel mondo della fisica c'era l'entusiasmo. Perché la scoperta premiata apre nuove possibilità in ambito tecnologico: «Dandoci delle nuove informazioni sulla struttura della materia - spiega Tonelli - ci può aiutare a scoprire i meccanismi decisivi per la formazione di nuovi materiali con caratteristiche innovative; per esplorare i segreti delle molecole complesse, anche biologiche, per esempio per capire perché certi farmaci funzionano meglio; per sviluppare nuovi materiali per i sistemi elettronici, per esempio per produrre chip ancora più veloci e performanti». È un Nobel che va alla ricerca, certamente, ma alla ricerca si traduce in ricadute pratiche immense: «È da scoperte del genere, come quella su che cosa facciano gli elettroni nei semiconduttori, che sono nati i chip e i satelliti.
Non è fantascienza: quando capisci come funziona la materia nel dettaglio possono nascere nuovi strumenti e dispositivi». Tanto che ormai si parla di «attofisica» e «attochimica». Basta un istante, a volte, per cambiare il mondo.
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