Flat tax, così il centrodestra ha scelto la responsabilità

La tassa piatta fa scendere l'evasione, salire il gettito e lascia libertà di scelta su risparmi e investimenti

Flat tax, così il centrodestra ha scelto la responsabilità

La riproposizione della flat tax al 23% da parte di Silvio Berlusconi ha dato il via alle solite polemiche del centrosinistra, subito pronto ad attaccare il provvedimento come iniquo. La migliore sintesi di questi punti di vista è quella di Carlo Cottarelli, presidente dell'Osservatorio dei Conti pubblici della Cattolica ed ex commissario alla spending review. È «un sistema di tassazione che redistribuisce meno di quello attuale», ha scritto su Twitter.

Ecco, la parola magica «redistribuzione», ossia prelevare dai redditi maggiori per dare a quelli inferiori senza avere nulla in cambio in termini di servizi da parte dello Stato. È quello che fa oggi il fisco con sanità, previdenza, reddito di cittadinanza e tutti gli altri sussidi. Puntare sulla flat tax (teorizzata dall'economista liberista Milton Friedman), invece, significa aderire all'etica della responsabilità in base alla quale ogni individuo organizza la propria vita al meglio senza l'intermediazione dello Stato.

Ma andiamo con ordine. Il cantiere del programma di centrodestra non è ancora arrivato a una sintesi definitiva ma come spiegato dal coordinatore nazionale di Fi, Antonio Tajani, proprio al Giornale, l'obiettivo è far sì che «ogni proposta abbia una copertura finanziaria». Dunque, il primo obiettivo è far aumentare il gettito fiscale proprio in virtù del minor carico che ogni individuo dovrà sopportare. La teoria e anche la pratica hanno dimostrato che la propensione a evadere il fisco diminuisce al calare ella pressione fiscale stessa. Inoltre, lo stesso contrasto dell'evasione si giustifica in base ai minori oneri (uno Stato che assorbe oltre il 50% dei redditi d'impresa è un socio occulto, non un interlocutore).

Sono poco fondate anche le critiche sull'incostituzionalità del provvedimento che, a detta dei detrattori di sinistra, trasgredirebbe il dettato costituzionale della progressività: ad esempio, l'estensione della no tax area a 12mila euro (un altro dei punti all'esame) e l'introduzione di una sorta di quoziente famigliare (o di una rimodulazione dell'assegno unico) terrebbe conto delle differenze reddituali. Così come, allo stesso modo, è possibile anche proseguire verso una riduzione delle aliquote Irpef dalle attuali 4 verso 3 e successivamente due. Ad esempio, la Lega intende riproporre il progetto del 2018 per le partite Iva: 15% fino a 65mila euro di reddito e 20% fino a 100mila. A Fratelli d'Italia, invece, piace più la versione soft, ossia la tassazione al 15% del reddito conseguito in più rispetto all'anno precedente e dei premi aziendali.

Sia che si parli della versione «pesante» (aliquota unica) che di quella «leggera» (due o tre aliquote) la flat tax, come detto, comporta un'assunzione di responsabilità: i risparmi d'imposta conseguiti stimolano consumi e investimenti ma per essere sostenibili devono anche stimolare il risparmio sia sotto forma di previdenza integrativa che di compartecipazione alle spese sanitarie (che, poi, è quello che si fa già oggi

nonostante il carico fiscale sia già elevatissimo). Si tratta di una visione del mondo diametralmente opposta a quella di sinistra e M5s come finora li abbiamo conosciuti. E che aggiunge uno slancio ideale a contenuti concreti.

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