Flop Le Pen, trionfa la sinistra dura. "Macron sconfitto, governo a noi"

Il Fronte popolare a sorpresa primo partito, tiene Ensemble. L'appello contro il rischio fascismo funziona: il Rn si ferma sotto i 150 seggi. Il premier Attal si dimette

Flop Le Pen, trionfa la sinistra dura. "Macron sconfitto, governo a noi"
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Niente maggioranza, Francia tripolare e caos parlamentare (con l'ombra di un governo tecnico). È testacoda al ballottaggio delle elezioni francesi, che hanno visto al primo posto l'estrema sinistra del Nuovo Fronte Popolare a sostegno di Jean-Luc Mélenchon, seguito dai macroniani. Solo terza la destra di Rassemblement national, che aveva ottenuto la medaglia d'oro nelle urne una settimana fa. Premiata la campagna di quella che Jordan Bardella ha ribattezzato «l'alleanza del disonore», ovvero comunisti, centro, socialisti, verdi che hanno creato un fronte anti-Le Pen, caratterizzato dalla demonizzazione dell'avversario e che adesso è atteso dalla prova più dura: provare a costruire un'intesa in parlamento che sorregga un governo, verosimilmente, di coalizione dal momento che nessuno ha ottenuto la maggioranza assoluta. Eventualità già cassata dal vincitore.

«Macron sconfitto, noi pronti a governare», le prime parole del leader antisemita Mélenchon che parla di un risultato che dicevano fosse impossibile: «È un enorme sollievo per gran parte del Paese. La volontà del popolo deve essere rigorosamente rispettata. Nessun accordo sarebbe accettabile. La sconfitta del Presidente della Repubblica e della sua coalizione è chiaramente confermata. Il presidente deve inchinarsi e accettare la sua sconfitta. Il presidente deve chiedere al Nuovo Fronte Popolare di governare». Chiude quindi a un esecutivo in accordo con Emmanuel Macron, il principale bersaglio del suo discorso con riferimento chirurgico alle misure alla voce welfare che hanno provocato la proteste di piazza degli ultimi tre anni. Salario minimo, pensione a 60 anni e altri bonus a pioggia, ha aggiunto il numero uno di La France insoumise (LFI) saranno le prime misure che metterà in campo se sarà premier.

Terza la destra di Rn nell'emiciclo dell'assemblea nazionale e quarta la formazione repubblicana, con il numero uno del Rassemblement National, Bardella, che parla di nuovo inizio, certo che la balcanizzazione della nuova ipotetica maggioranza non sarà in grado di formare un governo duraturo: «Macron ha gettato il Paese nell'instabilità, questa sera tutto comincia: gli accordi elettorali gettano la Francia tra le braccia dell'estrema sinistra di Mélenchon ha detto il giovane leader - . Non vogliamo il potere fine a se stesso, ma per restituirlo ai francesi. Stasera è caduto un mondo vecchio e nulla può fermare un popolo che ha ricominciato a sperare». Il riferimento è al risultato delle europee e del primo turno, che comunque ha dato un segno evidente di cosa pensino i cittadini francesi del settennato macroniano, con all'orizzonte una situazione altamente frammentata.

Posizione condivisa anche dal ministro dell'interno Gérald Darmanin secondo cui «nessuno può dire che abbia vinto queste elezioni, specialmente non il signor Mélenchon». Predica prudenza Raphael Glucksmann, leader del centro-sinistra francese, da sempre scettico verso Melenchon, secondo cui il parlamento sarà diviso, per questa ragione la coalizione dovrebbe «comportarsi da adulti» per guidare.

E Macron? Il Presidente della Repubblica in carica, che ha deciso per le elezioni anticipate dopo la debacle alle europee, è nervoso e disdice la sua conferenza stampa, attenderà la «strutturazione» della nuova Assemblea per «prendere le decisioni necessarie». Invece parla il primo ministro Gabriel Attal che rivendica «grazie a noi estremisti non hanno maggioranza assoluta» e annuncia, per oggi, le sue dimissioni.

Dall'Eliseo trapela solo l'invito alla prudenza nella consapevolezza che non è automatico che governerà chi è giunto primo alle elezioni.

Ma se non si dovesse raggiungere un accordo in Parlamento, due sarebbero le strade praticabili: un governo tecnico che assicuri un esecutivo al paese, forse prima di nuove elezioni che non potranno essere convocate secondo Costituzione prima di un anno.

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