Le elezioni, poco prima delle quali, da quando guida l'Antimafia, ha il suo momento di gloria con l'indicazione degli «impresentabili» in lista, non gli bastano più. E nel suo delirio di onnipotenza adesso Nicola Morra, già grillino - è tra gli espulsi causa mancata fiducia al governo Draghi - ha deciso di dedicarsi alla damnatio memoriae, cancel culture in versione moderna. Di qui l'ideona, balenatagli durante il convegno di presentazione del libro «Il Golpe Borghese. Quarto grado di giudizio» di Fulvio Mazza (ed Pellegrini): revocare la nomina a senatore a vita del defunto Giulio Andreotti. «È doveroso», proclama Morra, evidentemente a caccia di un titolo sui giornali, vista l'assoluta inutilità della sua provocazione. Eh sì. Perché, tralasciando il fatto che tra tutte le nefandezze attribuite al sette volte del consiglio divo Giulio, non si annovera il mancato golpe, c'è un motivo tranchant perché Andreotti non è più, di fatto, senatore a vita: infatti è morto, a 94 anni, nove anni fa, a maggio del 2013. E in caso di decesso i senatori a vita decadono dalla carica.
Ma Morra non si ferma. Neppure davanti alla morte: «In base agli studi e alle ricerche sul golpe Borghese credo che sia opportuno valutare la possibilità giuridica di una revoca, sebbene post mortem della nomina a senatore a vita di Giulio Andreotti. Questo perché dalle fonti documentali e testimoniali emerge che in quel preciso contesto eversivo Andreotti non avrebbe affatto difeso la Costituzione, accettando di fatto la possibilità di giudicare l'esecutivo nato dal tentativo insurrezionali guidato da Borghese». Chiaro no? Il golpe fallì, l'esecutivo non nacque ma Andreotti va punito, Da morto. Morra dixit.
A pensar male si fa peccato ma si azzecca, diceva il de cuius. Che nella tomba probabilmente si rivolterà pensando a questo calabrese creativo nato in Liguria che a 9 anni dalla morte vuole «resuscitarlo» per il gusto di togliergli una carica. Che poi.
Almeno una delle grandi lezioni di Andreotti Morra sì che l'ha imparata: il potere logora chi non ce l'ha. E Il potere nel senso di poltrona sì che Morra lo venera: infatti, la poltrona all'Antimafia non l'ha mollata. Neppure quando il suo partito lo ha cacciato via.
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