«Sfornano decreti come bomboloni caldi e ognuno smentisce quello precedente! Ci hanno strizzato e poi abbiamo scoperto che non serviva a niente». Su Zoom parla da Firenze il presidente di Fipe-Confcommercio Toscana, Aldo Cursano, che ha un caffè storico di fronte a Santa Maria Novella e vari sushi bar. Sfoga rabbia e preoccupazione nella teleconferenza organizzata da Giorgio Mulè, capo dei dipartimenti di Forza Italia e dal titolare di quello Professioni, Andrea Mandelli.
Alle 15, mentre a Palazzo Chigi il governo approva il decreto per i «ristori» alle categorie colpite dalle nuove chiusure, gli azzurri iniziano il loro giro di consultazioni, quasi un governo-ombra. Prima imprenditori di ristoranti, bar e servizi di catering, oggi Marco Marin e Paolo Barelli hanno promosso l'incontro con titolari di palestre e piscine costretti a chiudere, domani Francesco Battistoni e Roberto Neri hanno convocato i protagonisti della filiera agroalimentare e venerdì Alessandro Cattaneo riunirà i titolari dei centri commerciali. Per il vicepresidente di Fi, Antonio Tajani non bastano certo i 5 miliardi annunciati dal governo per i risarcimenti. «Ne servono almeno 20 e bisognerà ottenere i fondi europei».
Confcommercio definisce l'ultimo Dpcm «un colpo mortale alle imprese» e oggi in 18 città si scenderà in piazza. «Lo faremo civilmente - spiega Cursano-, in silenzio e distanziati, seduti per terra dove apparecchieremo come sappiamo fare noi su 16 tovaglie, con attorno chef e altri professionisti in uniforme da lavoro. A rischio è l'intero stile di vita italiano, un modello produttivo e sociale, perché i ristoranti sono centri di vita, d'incontro, di scambi».
Per Roberto Calugi, direttore generale di Fipe, saranno manifestazioni pacifiche e ordinate, ma aggiunge: «Non possiamo garantire che tutti seguano le nostre indicazioni. Malgrado il grande lavoro dei corpi intermedi, la rabbia rischia di esplodere. Oggi i ristoranti sono chiusi non aperti fino alle 18, perché quando si raccomanda alla gente di stare a casa solo degli eroi che lavorano con la famiglia possono tenere ancora aperto. I danni sono incalcolabili. È fondamentale che i rimborsi siano adeguati e arrivino velocemente».
Il deserto di eventi nella capitale lo descrive con un dato Sergio Paolantoni, che guida l'azienda Palombini fondata dal nonno nel 1928: «A Roma facevamo 500 tra ricevimenti, feste, congressi, quest'anno solo 12».
E questo dopo migliaia di euro spesi per sanificazioni e dispositivi sanitari, distanziamento e riduzione dei coperti. «Il nostro lavoro è passione- dice Fabio Acampora, da Milano-, ma nessun risarcimento potrà colmare il senso di sconfitta di fronte a scelte del governo incomprensibili e ingiustificate».
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