Sui banchi a tutti i costi. E davanti al computer soltanto gli alunni non vaccinati. Sembrano queste ora le nuove linee guida per la riapertura delle scuole dopo le feste natalizie (tra il 7 e il 10 gennaio), in un quadro che - in termini di numero di contagi _ si è pesantemente aggravato rispetto al'ultimo giorno in classe, il 22 dicembre scorso, quando i contagi erano un quarto di ora.
Le regole concordate dal ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi e della regioni prevedono l'estensione alle classi della scuola elementare e al primo anno di medie di quanto previsto finora per gli studenti più grandi: in caso di due compagni di classe positivi, restano in presenza i vaccinati, con autosorveglianza di cinque giorni e test a dieci giorni, mentre vanno a casa i non vaccinati, con frequenza a distanza (laddove naturalmente previsto). Con tre contagi in una sola classe, la palla passa alla Asl di competenza, che decide se sospendere l'attività in presenza. Questo grazie all'avvio della campagna vaccinale nella fascia 5-11 anni. Nelle scuole dell'infanzia resterebbe invece la quarantena di dieci giorni per tutti con tampone con un solo caso positivo.
Le misure potrebbero essere obliterate dal consiglio dei ministri di mercoledì 5 gennaio. Ma entrambi i sottosegretari all'Istruzione, espressioni peraltro di due partiti molto lontani, mettono i piedi sulla cattedra. «Non si può pensare di discriminare i bambini, prevedendo per alcuni la Dad e per altri la frequenza in presenza. Si continui ad investire risorse per la sicurezza, anzi si aumentino le risorse per la scuola, e si migliori il protocollo affinché sia più efficace. Ma le scuole devono restare aperte!», scongiura Barbara Floridia del Movimento 5 Stelle. «La campagna di vaccinazione per i più piccoli è appena partita - le fa eco il leghista Rossano Sasso - e inasprire i protocolli su contagi e quarantene ci esporrebbe al rischio di eccessive penalizzazioni. Non possiamo permetterci di relegare in Dad milioni di studenti». Va detto che nella fascia d'età 5-11 anni ci sono 3.656.069 bambini, tutti scolari. E che di essi soltanto 313.902 hanno per ora ricevuto una dose. I guariti sono da meno di sei mesi 127.532. Nella fascia di età 12-19 si trovano in 4.627.514 e di essi 3.571.306 hanno ricevuto almeno una dose, 3.395.942 hanno concluso il ciclo vaccinale e 172.346 hanno ricevuto la terza dose. Insomma, si tratta di una platea ancora piuttosto «scoperta».
E i sindacati? Sono inquieti. Domani, martedì, nel primo pomeriggio saranno ascoltati da Bianchi a viale Trastevere. «In un brutto momento ma come dice il nostro presidente servono decisioni generali in grado di garantire la difesa della comunità ed è questo che pretenderemo da Bianchi», dice la segretaria della Cisl Scuola Maddalena Gissi. Secondo la quale «la ripresa delle attività didattiche non deve riprodurre modelli che già si sono rivelati ingestibili. Ricordo con molta preoccupazione l'esperienza delle lezioni organizzate in parte in presenza e in parte a distanza. Un modello organizzativo che non ha mai garantito la qualità della proposta formativa. Chi segue in classe ha bisogno di tutta l'attenzione dell'insegnante. Chi invece è in Dad ha tempi diversi e necessita di proposte più essenziali. Non si possono bloccare i bambini o gli studenti in quarantena per cinque ore davanti al pc».
Più conciliante Andrea Ferrazzi, senatore del Pd: «La scuola non può essere la pancia molle dove scaricare tutte le misure di tutela della salute, magari perché non è in grado di far valere i propri diritti. L'ipotesi, in caso di due positivi in classe, di tenere in Dad i soli non vaccinati è corretta ma oltre non si può andare». Staremo a vedere.
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