«Amore. Mamma adesso ti viene a prendere». Fa appena in tempo a salutare il figlio di 9 anni Manuela Petrangeli, 50 anni, fisioterapista, che le si accosta una Smart grigia guidata dall'ex compagno. Gianluca Molinaro, 53 anni, Oss al Don Guanella, imbraccia un fucile a canne mozze e spara. Un proiettile colpisce la donna a un braccio. Manuela corre, si ripara dietro un'auto parcheggiata. Un secondo colpo le trapassa il petto. Poi la fuga dell'omicida, per le strade di Casetta Mattei. Mentre le colleghe della vittima chiamano aiuto, l'uomo telefona alla prima compagna, madre della sua prima figlia, che lo convince a costituirsi. «Mi ha chiamato poco dopo le 14. Mi ha detto: Le ho sparato. Pensavo di essere finita in un incubo» racconta Debora Notari, ex di Molinaro, l'operatore socio sanitario che nel pomeriggio si presenta alla caserma dei carabinieri di Casalotti con il fucile. «L'ho convinto io ad andare dai carabinieri, voleva ammazzarsi. Mia figlia non sa niente, con lui aveva rapporti non buoni, ma un conto è un padre che non paga gli alimenti, un altro un padre assassino».
Era l'ultimo giorno di lavoro prima della ferie, a Villa Sandra, per Manuela. Era felice anche per la recente assunzione a tempo indeterminato, dopo anni di precariato. «Non c'erano avvisaglie, Manuela era una persona solare, una bravissima professionista che amava suo figlio. Si trovava con altri colleghi quando è stata colpita» spiega una donna. «Una nostra amica che era con lei ha provato a rianimarla, ma è stato tutto inutile. Aveva le mani insanguinate» racconta ai cronisti Maria Cristina. In via degli Orseolo arrivano i militari della compagnia Eur con il pm Antonella Pandolfi del pool antiviolenza. Per la donna, però, non c'è nulla da fare nonostante l'arrivo del 118. L'infermiera che era con la Petrangeli viene ferita da un colpo di striscio. E mentre i carabinieri danno la caccia all'assassino, l'uomo è al telefono con la prima moglie.
«Quando ha squillato e ho visto che era lui, ho pensato avesse discusso con nostra figlia - continua Debora - Avevamo pessimi rapporti, lo denunciai per maltrattamenti quando nostra figlia andava alle elementari. Mi picchiava e lo feci arrestare. Poi però, dopo un paio di mesi di carcere, ne era uscito. Sapevo che con questa donna si era lasciato da tre anni». Molinaro al telefono non connette, biascica le parole, è ubriaco. «Mi ha detto che aveva sparato, che l'aveva uccisa. Ho chiesto dove fosse, ha detto che era in macchina a Selva Candida, che voleva ammazzarsi. Sapevo che non lo avrebbe mai fatto. Gli ho detto di andare dai carabinieri, che tanto lo avrebbero preso e che sarei andata a trovarlo in carcere con nostra figlia anche se non lo pensavo. L'ho convinto, non so nemmeno come ho fatto. Quando è arrivato davanti la caserma mi ha chiesto: Che ci faccio col fucile?. Ho attaccato solo quando mi ha passato un carabiniere e ho capito che ce l'avevo fatta. Mi tremano le gambe. Potevo esserci io lì. Adesso riesco solo a pensare a quella povera creatura rimasta sola».
Un passato pesante, quello del killer.
Forse per questo Manuela non l'ha mai denunciato. «L'ha fatto per tutelare il bambino» spiegano gli amici. L'uomo, accusato di omicidio volontario aggravato e detenzione di armi, è stato portato in carcere. Dall'inizio dell'anno è il 20esimo femminicidio in Italia.
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