La Corte suprema ha deciso: TikTok va bandito. La massima corte americana ha lasciato uno spiraglio strettissimo: la possibilità per ByteDance, società che possiede l'app, di cedere il ramo americano a un'azienda a stelle e strisce. Il problema è che l'oscuramento arriverà a stretto giro, il 19 gennaio. La decisione conferma la scelta dell'amministrazione Biden di bloccare in via definitiva il social network cinese, piattaforma che solo negli Stati Uniti conta 170 milioni di utenti. Per la Corte, si legge nella sentenza, il ban non viola la libertà di espressione degli utenti americani, anzi la natura di TikTok giustifica un trattamento diverso dato che espone i dati sensibili che la piattaforma raccoglie a nemici stranieri.
La palla passa ora all'amministrazione Trump. Il tycoon entrerà in carica 24 ore dopo il ban e da tempo si dice favorevole a uno stop del divieto, tanto che sarebbe pronto un ordine esecutivo per congelare l'applicazione della legge per 60-90 giorni. Non solo. A dicembre ha incontrato a Mar-a-Lago l'ad della società, Shou Zi Chew e poi l'ha invitato alla cerimonia di insediamento del 20 gennaio. Subito dopo la sentenza il presidente eletto ha ribadito alla Cnn che il destino dell'app è nelle sue mani: «Dipende da me, vedrete quello che farò». In giornata Trump ha scritto sul suo social Truth di aver sentito il presidente cinese Xi Jinping e di aver parlato con lui sia di TikTok che di altri dossier delicati come l'emergenza fentanyl e le questioni commerciali.
In attesa che Trump affronti la questione, il mondo dei social è in subbuglio. Da un lato ci sono i grandi player Usa che stanno alla finestra. L'oscuramento di un colosso come TikTok potrebbe creare praterie per Instagram e YouTube. Dirigenti di Meta hanno tenuto un incontro riservato per discutere gli effetti del ban in modo che l'ecosistema dell'azienda possa reggere (e approfittare) del possibile flusso di utenti che si spostano da una piattaforma all'altra, addirittura ragionando sull'introduzione di funzioni simili a TikTok per ospitare i «rifugiati social».
L'altra fetta del mondo social in fermento è quella degli utenti. Da settimane gli americani hanno iniziato a scaricare in massa altre app, come Lemon8 e soprattutto Xiaohongshu, che si può tradurre come «piccolo libro rosso», RedNote in inglese. Nelle ultime settimane l'app rossa, nata a Shangahi e popolare per le recensioni di luoghi e oggetti, è schizzata in testa alle classifiche degli store. Secondo i suoi fondatori l'approdo su mercati diversi da quello cinese non era previsto. Ma intanto sempre più «esuli» si iscrivono e si cercano tra di loro, scegliendo appositamente un'app Made in China per protestare contro il ban. Secondo Reuters già 700mila americani l'avrebbero scaricata.
Ma il librettino rosso va forte anche in Italia, prima in classifica sia nell'app store Apple che in quello Android. E, come ricorda l'esperta di social media Valentina Tonutti, nel nostro Paese c'è chi sta già esplorando RedNote come l'Università Bocconi che all'inizio del 2024 ha avviato una campagna per posizionarsi sull'app.
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