In quale bolla di impotenza deve vivere una donna che si è già pagata il funerale? Certa che non morirà nel proprio letto, ma di morte violenta per mano di un carnefice di cui conosce ogni demone e ogni scatto di rabbia. Clara Ceccarelli, uccisa con trenta coltellate a Genova dall'ex compagno, viveva (se così si può dire) nella ineluttabilità di una fine nel sangue.
Siamo ben oltre il «delitto annunciato». Clara aveva la consapevolezza di essere sola al mondo davanti al suo carnefice. Nascondersi? Stare in guardia? Lui l'ha accoltellata di giorno, in centro, davanti a tutti. Niente l'avrebbe fermato. Lei sapeva bene che per il suo ex la violenza e la brama di possesso erano più forti dell'istinto di sopravvivenza. Era sicura che fosse solo questione di tempo. Soffocata dalla maschera non più di madre, di figlia, di commerciante, ma solo di vittima. Nonostante una città che ha molte associazioni in difesa delle donne maltrattate, nonostante le persone che la amavano e volevano proteggerla, nonostante una legge fatta apposta e che sta dando qualche frutto. A specchio: l'uomo aveva la certezza che prima o poi sarebbe riuscito nell'intento di punirla per averlo lasciato, costi quel che costi.
C'è un vecchio film con Julia Roberts sulla violenza domestica, A letto con il nemico. La protagonista fugge dal marito che la picchia fingendo di annegare. Si rifà una vita, però lui la trova e vuole finire il lavoro. Morale: la donna è davvero libera, solo quando spara al suo aguzzino. Ne resterà soltanto uno. Un tunnel senza uscita. Clara era perseguitata dall'ex da un anno, dalla fine della relazione. Si era pagata il funerale. «Era andata due settimane fa - dice un collega -, non voleva gravare sul padre e sul figlio. Aveva capito che sarebbe finita male». Che non poteva salvarsi in alcun modo. Pagare il proprio funerale, ma non denunciare lo stalker aggressivo. Avrà letto anche lei sui giornali dei femminicidi (con il suo siamo a tre in due giorni). E avrà pensato: «È scritto».
Non ha denunciato non per imprudenza, è probabile, ma per mancanza di fiducia e di speranza. Come ricevere la prognosi per una malattia fulminante. La diagnosi precoce, cioè bloccare il violento ai primi segnali, e le cure salvavita, cioè mettere al sicuro la vittima, sono strumenti ancora da affinare.
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