La furba ascesa del rapper "2.0" pronto a cavalcare la polemica giusta

La sinistra che lo loda criticò l'"opportunismo" della raccolta fondi e il suo inno scritto per i 5s

La furba ascesa del rapper "2.0" pronto a cavalcare la polemica giusta

Comunque vada, lui ci mette la faccia. Sempre. Anche quando rischia di perderla o, addirittura, la perde proprio. Fedez è il prototipo del rapper 2.0, del musicista ma non solo, del cantante che si auto promuove, che è imprenditore, influencer, gaffeur, eroe dei social, capopopolo. Come sabato sera sul palco del Concertone quando ha iniziato l'atteso, annunciato, temuto, criticato monologo sul Ddl Zan in diretta radiotv. L'ultimo atto (per ora) della parabola di uno degli artisti più divisivi in circolazione. Così divisivo da farsi criticare di volta in volta da «fazioni» diverse. Più che un musicista, è lo specchio delle nostre contraddizioni o, anche, di quanto sia volubile l'opinione pubblica.

Per capirci, tra chi oggi lo difende c'è anche chi un anno fa lo accusava di opportunismo per aver lanciato la raccolta fondi per aumentare i posti in terapia intensiva all'Ospedale San Raffaele di Milano (uno dei crowdfunding più grandi del mondo, 17 milioni di euro). Allora era un'opportunista. Ora che ha attaccato la Lega è un eroe. È una popstar a geometria variabile: talvolta vale milioni di applausi (leggasi click), altre volte è solo le due ultime lettere del marchio Ferragnez che condivide con la moglie Chiara Ferragni.

Di certo lui non si sarebbe mai aspettato tanto. Milanese cresciuto a Buccinasco, classe 1989, ha iniziato come tanti altri rapper ingenui e spacconi, facendosi largo a base di rime goliardiche, talvolta inappropriate o addirittura criticabili ma comunque dotate dell'ingrediente che, in quel mondo, fa la differenza: il flow, ossia la capacità di «rappare» mantenendo la stessa metrica. Non a caso, prima su YouTube e poi con il disco Mr Brainwash, il primo ad arrivare in testa alla classifica, si è trasformato in uno dei punti di riferimento generazionali. Subito dopo, con il disco Pop-Hoolista, ha allargato l'orizzonte, collaborando con Elisa, Noemi e Francesca Michielin ed entrando nel grande circuito popolare. Dopo con J-Ax è entrato anche a San Siro grazie al successo di un disco come Comunisti col Rolex che prende in giro una categoria senza tempo ma attualissima, la stessa che, per dire, oggi estremizza il politicamente corretto fino alla tagliola della censura. Le contraddizioni dei radical chic. Le paranoie dell'ideologia. Il tutto restando sempre a piedi uniti nella polemica, volente o nolente. Di certo non si immaginava di passare per «fascista» quando, da giudice di X Factor, nel 2014 ha criticato un concorrente che aveva scelto un brano di Lucio Dalla (E non andar più via), definito «comunista e quindi inadatto». Forse era meno deluso quando si è scatenata la polemica sul «Fedez grillino». Invitato dai Cinque Stelle al Circo Massimo, sempre nel 2014, aveva scritto un brano per l'occasione (Non sono partito) che poi si è trasformato in un inno del Movimento. Risultato: due deputati del Pd chiesero la sua esclusione da X Factor. Risposta di Fedez: «Il fatto che si chieda la mia testa ci riporta indietro di 60 anni alla censura e al fascismo». Insomma, un «fascista» che critica il fascismo ma che allo stesso tempo è pure grillino e, qualche anno dopo, canta i comunisti con il rolex al polso. Un corto circuito.

Di certo, nel suo piccolo, ha un approccio molto americano perché i rapper Usa non si fanno problemi a intrecciare business e musica e politica, nuove pubblicazioni e iniziative collaterali che aiutino a vendere più copie o a fare più click (anche sugli e-store...). Ma Federico Lucia in arte Fedez, padre di Leone e Vittoria, colleziona anche memorabili gaffe. Il compleanno al Carrefour con lancio di carrelli, ad esempio. Oppure la consegna, poco prima di Natale 2020, di buste con mille euro a cinque persone bisognose di Milano: peccato che fosse a bordo della sua Lamborghini Huracan da 200mila euro.

O per ultima quella prima del Festival di Sanremo, quando ha per sbaglio spoilerato una piccola parte del suo brano in gara. Una figuraccia da principianti, una delle tante sfaccettature di un rapper che, tra alti e bassi, è diventato (anche) un protagonista politico in una politica con pochi protagonisti.

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